4 Faces of EveE' naturale chiedersi quali siano state le influenze dell'esperienza di Wong Kar-wai sul cinema hongkonghese: sulla sua stessa lunghezza d'onda si sono sintonizzati alcuni giovani creativi, che hanno visto nella sua evoluzione tecnica e formale un'epifania di colori, immagini e significati. I più accreditati tra i discepoli sono i tre fautori di 4 Faces of Eve, Eric Kot, Jan Lam e Kam Kwok-leung, che sotto lo sguardo d'approvazione del maestro e con l'aiuto delle riprese di Christopher Doyle hanno assemblato quattro episodi, uniti solo dalla presenza della stessa attrice, Sandra Ng, come protagonista. Mao vede la brava interprete nei panni di una prostituta che assilla un aspirante psicologo; Blowing in the Wind è una specie di comica stile Jacques Tati; Twins pone due sorelle al centro della scena, una mascolina, l'altra malata e in stato semi-vegetale; Love Game utilizza il mito della televisione per satirizzare sulla coppia, sull'amore e sull'adulterio.
La prima sensazione è che si sia oltrepassato quel limite, sottilissimo, tra sperimentazione fine a se stessa e comunicazione attraverso le immagini. Che risultano tanto affascinanti quanto vuote poiché non accompagnate da una narrazione che permetta di comprendere a fondo intenzioni e intuizioni degli autori. La struttura a episodi frammenta il discorso; le immagini si susseguono spesso in maniera travolgente, come un flusso di corrente, alternando momenti di quiete (apparente) ad alluvionali sequenze cariche e sature. 4 Faces of Eve collassa su se stesso proprio nel momento in cui fa il verso a precedenti illustri (lo step-framing e la voce over come in Chungking Express e Fallen Angels), offrendo una sensazione distorta di déjà vu che in un contesto così eccessivo diventa fastidiosa. Quando invece la fantasia dei tre autori si libera da questi preconcetti e riesce a volare spontaneamente l'azione ne guadagna in sincerità: una volta trasposta su schermo, questa libertà, come nel caso del quarto episodio, diventa portatrice di contenuti che esulando dalla costrizione della forma riescono ad emergere e a essere recepiti.
La musica è molto curata, e passa dai ritmi sintetici al calore degli strumenti. La fotografia di Christopher Doyle varia e aderisce come una seconda pelle a ciascun episodio. Prima di attendere che il loro talento visionario si concretizzi in forme più accessibili, i tre meritano almeno il plauso per aver saputo valorizzare una delle attrici più brave attualmente in circolazione a Hong Kong, Sandra Ng, che snatura e sporca la propria recitazione per dimostrarne il valore.

Hong Kong, 1996
Regia: Kam Kwok-leung, Eric Kot, Jan Lam
Soggetto / Sceneggiatura: Kam Kwok-leung, Jan Lam
Cast: Sandra Ng, Jan Lam, Eric Kot, Karen Mok, Wyman Wong

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