The Blood BrothersMai come in questo caso un cinema in vista della fine. Un lungo flashback che parte dalla prima inquadratura per risolversi solo nel finale dona risonanza all'architettura interna della pellicola, esplicando quello che forse in altre pellicole era solo accennato. Il cinema di Chang Cheh è infatti - ovviamente nei suoi risultati migliori, inutile nascondersi che nel corso della sua carriera abbia assemblato anche le sue brave schifezze - una ricerca continua di una struttura ottimale in grado di reggere le spirali di violenza e vendetta (questo binomio inscindibile) che muovono in maniera quasi costante i suoi personaggi. Una furia catartica messa in moto per sconvolgere gli equilibri venutisi a creare, per ritrovare e ritornare ad uno stato di equilibrio ormai irrimediabilmente perso. Una vendetta che inevitabilmente riserva un esito tragico e ineluttabile proprio in quanto deve colmare uno iato impossibile da riempire. E in questo sforzo oltre-umano si compie il passaggio da una sfida possibile a una lotta titanica e a senso unico (non a caso così spesso nel cinema di Chang Cheh l'eroe alla fine soccombe).
Chang Wen e Huang Chung sono due fratelli e due ladri itineranti. Nelle loro peregrinazioni tentano di derubare un soldato, Ma Hsin, aiutati anche dalla ragazza di uno dei due, Mi Lan. Contro ogni aspettativa però i tre faranno amicizia e uniranno le forze per impossessarsi di un covo di banditi tra i monti. Qui l'amicizia si rinsalda, fino a generare un vero e proprio patto di sangue. Ma il destino trama per separarli. Hsin cede lentamente all'attrazione per Lan e, per non commettere una pazzia, torna nell'esercito. Quando si reincontreranno, diverso tempo dopo, Hsin avrà intanto fatto una incredibile carriera e tratterà i due fratelli con sufficienza...
Non è difficile individuare gli elementi compositivi di questa ode all'onore, a partire dall'amicizia virile tradita - e non è un certo un caso che la causa scatenante del contendere sia una donna, segno di una certa misoginia di fondo (la donna come elemento perturbante e destabilizzante si trova in forme non dissimili in molti generi, non ultimi i western statunitensi), anche se poi si innesta un secondo e più profondo contrappasso. La metafora si arricchisce infatti di un'aspra accusa alle ambizioni sfrenate e brucianti, in grado di annullare la vera personalità di un individuo. Esempio ne é il comportamento di Hsin che entra in una logica di arrivismo totalizzante che non gli permette più di comportarsi liberamente nei confronti di Wen e Chung, dando il via a macchinazioni e sotterfugi ben poco edificanti (e viene il sospetto di una contemporanea critica, seppure velata, ai valori tradizionali, visto la figura ben misera che fanno due degli elementi portanti dell'antico impero, le gerarchie dei funzionari e i tribunali).
Se questa è la scarna struttura, più difficile è però analizzare l'alchimia che regge e arricchisce l'intera visione. I quattro attori principali (a partire dal magnifico duello caratteriale tra David Chiang e Ti Lung) contribuiscono in modo determinante a ingenerare un senso di aspettativa e partecipazione, riuscendo a scavare nella iniziale monodimensionalità dei personaggi un nucleo di credibilità che favorisce l'immedesimazione. La regia di Chang Cheh, al contempo, si avviluppa su se stessa e in un certo senso si scarnifica, risultando essenziale ma completa. Certo si nota un certo qual abuso dello zoom, ma il tutto è integrato in una visione complessiva che ha nell'uso magistrale dei tempi un forte elemento a suo favore (si ha spesso la sensazione di assistere ad un thriller). E se alcune scelta alla fine risultano discutibili (difficile non notare la pesantezza con cui tutti i corpi dei morti iniziano sistematicamente a rotolare - anche in piano! - prima di raggiungere la pace dell'immobilità), o se i duelli e gli scontri sono sì gradevoli ma purtroppo non coreografati al meglio, è facile comunque chiudere un occhio e godersi lo spettacolo.
Un cinema semplice, scoperto nelle sue pulsioni, eppure tanto efficace da rimanere vivido nel tempo.

Hong Kong, 1973
Regia: Chang Cheh
Soggetto / Sceneggiatura: Chang Cheh, Ni Kuang
Cast: David Chiang, Ti Lung, Chen Kuan Tai, Cheng Lee, Cheng Miu

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