The New One-Armed SwordsmanNel 1970 Wang Yu, in seguito al successo delle due pellicole sullo spadaccino monco e del gongfupian da lui diretto The Chinese Boxer, chiede a Run Run Shaw di rivedere il suo contratto. Davanti al netto rifiuto opposto dal padre padrone della Shaw Brothers l'attore è così costretto a fare i bagagli per emigrare sotto altre bandiere alla ricerca del successo. Innegabilmente la sua partenza è una perdita e si fa sentire. Quasi a volerla esorcizzare viene allora questo terzo capitolo della saga che - più che un vero e proprio seguito - appare come una sorta di remake d'aggiornamento, sorta di sfida alla sua memoria. Sostituito quindi Wang Yu con David Chiang (che, seppure presente sulla scena già da qualche anno, aveva avuto modo di affermarsi solo l'anno precedente in coppia con Ti Lung in pellicole come Vengeance! o Heroic Ones), Fang Kang scompare e fa la sua comparsa Lei Li. La storia subisce una profonda rivisitazione, abbandonando la continuity coi precedenti e ripartendo da zero. Lei Li è un giovane cavaliere errante temuto da tutti i briganti della zona per la sua bravura. Un giorno però accetta la sfida dell'astuto capobanda Long Yizhi, giurando avventatamente che non impugnerà più la spada in caso di sconfitta. Grazie a un misterioso nunchaku a tre bastoni lo spadaccino viene così battuto, e per onorare la promessa è costretto ad automutilarsi. Si ritroverà a lavorare in una locanda come cameriere. Preso in giro da tutti gli avventori, Lei Li non cede comunque alla volontà di rivalsa e sviluppa anzi una incredibile abilità nello svolgere con un solo braccio le sue mansioni - dal lavare i piatti al versare il vino. Le stagioni passano e la tranquillità che pare ritrovata è l'occasione per approfondire l'amicizia con la figlia del fabbro, Ba Quiao. Alla locanda giunge intanto un altro famoso spadaccino, Feng Junjie, che diverrà ben presto un fidato amico dopo averlo difeso dall'ennesima provocazione di alcuni avventori. In realtà Feng vuole raggiungere il castello dove dimora Long Yizhi, ritenendosi in grado di batterlo. Andrà incontro a una morte orribile, di fronte alla quale lo stesso Lei Li metterà da parte il suo giuramento per vendicarlo.
A una trama più ricca di sfumature e meno infantile fa da contrappunto uno stile ancora più marcatamente fantastico e lieve. Da un lato infatti l'intreccio è un sostanziale passo avanti rispetto ai due capitoli precedenti, sottolineando come nei rapporti umani conti il sapersi valutare per quello che si è veramente, senza essere troppo infantilmente sicuri di sé. Sia Lei Li, battuto da Long Yanzhi, che Feng Junjie, trucidado dalla banda di quest'ultimo, falliscono infatti proprio perché si sono sopravvalutati. E allora il vero e proprio cardine narrativo diventa il processo di maturazione di Lei che, entrato nel limbo della menomazione, dovrà varcare la sua personale linea d'ombra per raggiungere l'agognata redenzione e conseguente (simbolica) maggiore età.
Dall'altro la messa in scena si fa più vacua, i colori assumono toni pastello, le vesti e la scenografia una parvenza ancora più finta. Invece che impoverire la resa, l'espediente ha però l'effetto di far risaltare i contrasti che animano la pellicola, ricreando un'atmosfera archetipica funzionale alla universalizzazione del messaggio. Le coreografie - dopo le bizzarrie del precedente Return of the One-Armed Swordsman - riassumono il giusto ruolo narrativo, violente quanto eccessive, e trascendono finalmente a volto scoperto i limiti del possibile per sfidare le leggi della fisica (corpi che volano, oggetti uguali lanciati in aria contemporaneamente che ricadono in momenti diversi, etc.) pur attenendosi a uno stretto realismo ben lontano dai lidi fantastique di altri film di cavalieri erranti.
Sicuramente l'episodio più maturo ed evoluto della serie, tragico quanto spietato nella sua apparente linearità.

Hong Kong, 1971
Regia: Chang Cheh
Soggetto / Sceneggiatura: Ni Kuang
Cast: David Chiang, Ti Lung, Guk Fung, Wong Chung, Li Ching

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