Categoria: FILM

Lost in TimeHolly una sera aspetta che il fidanzato la venga a prendere, ma lui ha un incidente. La vita continua e ci sono i conti da pagare, il bambino di lui che Holly vuole ostinarsi a crescere, e il pullmino lasciato dal fidanzato, ora guidato da lei, con tutti i problemi del caso. Hale è un collega, guida anche lui un pullmino, forse è attratto da Holly e anche dal piccolo. I giorni passano, tutto va storto, e i sentimenti si adeguano allo stato delle cose.
Lost in Time avrebbe potuto essere un film molto duro e davvero profondamente drammatico, di quelli tristi tristi senza rimedio, se fosse stato girato negli anni novanta. Invece è il prodotto della delicata situazione (cinematografica) hongkonghese odierna, in cui gli impatti con la realtà, per tacita regola, sono diventati più morbidi, più sfumati e discreti, senza decidersi all'ottimismo ma nemmeno precipitando verso soluzioni formalmente catastrofiche. Buona l'idea dei minibus, anche perché Derek Yee è sempre a suo agio nel filmare i motori, e la scena con Hale al volante e Cecilia che prende nota è forse la più bella e coinvolgente. Buona la caratterizzazione di Cecilia Cheung, personaggio testardo, immaturo, aggressivo più per paura che per vera vena combattiva. Cecilia cerca di dare il meglio, riuscendoci in parte sì e in parte no, no soprattutto le volte in cui deve piangere, sì in tutte le scene che si basano sulla recitazione del fisico piuttosto che della faccia. Del resto questo è il suo film, lei sembra sfruttare al meglio l'occasione per il salto di qualità, ma, insomma, Cecilia Cheung è quello che è, ormai si trova a far cinema e ce la teniamo così com'è, anche perché poi è brava, anche se non bravissima. Ma non è una nuova Anita Yuen, è obbediente e ha voglia di lavorare su sé stessa, ma per questioni di narcisimo, non di talento. Meno buone le prove di Lau Ching-wan, un po' troppo freddo e meccanico, molto inibito vicino a Cecilia (il suo personaggio suggerisce una derivazione di quello di My Dad Is a Jerk, una produzione di Derek Yee che sembra essere sempre interessato, nel tempo, alle storie di padri e figli) e di Louis Koo, troppo labile, troppo patinato, troppo sé stesso. Molto interessante la figura del papà di Holly, burbero e silenzioso, impacciato dall'età e dalle cose che non riesce a capire bene di sua figlia, ma anche da quelle che capisce lui meglio di chiunque altro. Una fotografia più sporca avrebbe giovato a questo film, un ambiente più corrotto dal caos degli oggetti e delle persone anche, lasciar respiro e libertà ai percorsi imprevisti delle sfumature sarebbe stato il massimo. Invece tutto è al posto giusto, c'è ritmo e c'è una storia valida, tanti spunti, ma qualcosa non quadra, c'è come un'assenza di giudizio sui personaggi, ripresi ipernitidamente, e il risultato è piatto, anche se si piange, nel senso che ci sono momenti molto commoventi, e anche se, davvero, tutto va come dovrebbe andare, anche il finale che con più fronzoli melensi forse sarebbe stato una schifezza e invece così ha molto senso, lasciando però strani e distaccati. Lost in Time non è brutto, ma poteva essere meglio. Non una delusione, niente affatto, ma un segno dell'appiattimento dei tempi.

Hong Kong, 2003
Regia: Derek Yee
Soggetto / Sceneggiatura: James Yuen, Fong Ching
Cast: Cecilia Cheung, Lau Ching-wan, Daichi Harashima, Paul Chun, Louis Koo