Categoria: PROFILI

Ronald ChengRonald Cheng Chung-kei è nato ad Hong Kong il 9 marzo 1972. Attore comico, figlio di un noto produttore musicale, comincia prima dietro le quinte come compositore, doppiatore e corista (di Alan Tam e Priscilla Chan). Un tour taiwanese come rockstar ne decreta la prima notorietà, quindi passa - forse costretto da una serie di sfortunati eventi - alla recitazione, prima in televisione e subito dopo con ruoli minori in produzioni cinematografiche medio-basse.

Si nota a malapena in Blue Moon (2001, di Chung Shu-kai) o Market's Romance (2002, di Tommy Law). Non vantando un curriculum accademico non ha vita facile pur avendo dalla sua una mimica riconoscibile e una parlantina inarrestabile, che permettono al regista Vincent Kok di notarlo e di credere nel suo talento.
Nel blando My Lucky Star riesce a colpire più dei due protagonisti, oscurati dal suo intuito nonsense; lo stesso accade in Golden Chicken 2 (2003, di Samson Chiu), in cui presta il fisico per un cammeo strampalato che non si dimentica. E’ lo stesso Kok a proporsi come suo sponsor e mecenate, con la chiara intenzione di farne un nuovo Stephen Chiau.
Dragon Loaded 2003, sleeper hit dal budget ridicolo, a sorpresa balza in testa al box office: è l’ascesa di Cheng nell’Olimpo dello star system. Sempre coadiuvato dall’abile penna di Kok inanella un successo commerciale dietro l’altro, anche se la qualità è ancora discontinua. Super Model  è una parodia/remake di Zoolander (2001, di Ben Stiller); Hidden Heroes (2004, di Joe Ma, Cheang Pou-soi) un riuscito ibrido di fantascienza e mélo; Dragon Reloaded, del solito Kok, il tentativo di bissare il successo del prototipo senza spendere una lira.
Ormai noto al grande pubblico Cheng, le cui incursioni, chitarra in mano, nel mondo della musica sono sempre più sporadiche, continua a macinare commedie sfoggiando uno spirito farsesco tipicamente hongkonghese: sboccato, ciarlatano, inarrestabile, è un modello rassicurante per gli spettatori locali stufi del nuovo cinema globalizzato. Come Chiau, di cui spesso pare un clone, sceglie con cura i copioni concedendosi soprattutto nel periodo redditizio del Capodanno cinese. Ma gli ultimi exploit non incantano: Himalaya Singh (2005, di Wai Ka-fai) è troppo caotico e scombinato; Undercover Hidden Dragon (2006, di Gordon Chan, Dante Lam) e Mr. 3 Minutes (2006, di Gordon Chan) sono sì divertenti tuttavia non particolarmente ispirati in fase di scrittura.
Un incidente diplomatico durante un volo aereo gli attira le ire della stampa e un periodo di black out. Definito dai media donnaiolo e arrogante vive un momento difficile: non stupiscono quindi le voci della sua dedizione all'alcol e agli stravizi. Recupera lentamente il proprio charme pubblico anche grazie ad una chiacchierata amicizia con Miriam Yeung. Dopo aver dato, sorprendendo molti, ottima prova di sé anche come interprete drammatico, prima come spalla in Fatal Contact (2006, di Dennis Law), dove alle prese con la arti marziali non sfigura affatto, poi con un ruolo più consistente nel populista Mr. Cinema (2007, di Samson Chiu), rinuncia a farsi guidare da mani altrui e con It's a Wonderful Life (2007) debutta alla regia, circondato dai fidati amici di sempre: Vincent Kok, Sam Lee, Cheung Tat-ming.
Il futuro, viste le premesse, potrebbe tornare presto ad essere dalla sua parte.