Categoria: FILM

Black MagicBlack Magic di Ho Meng Hua si inserisce alla perfezione in un momento cinematografico di turbolenze e scorrettezze. Dopo qualche primo timido tentativo non del tutto riuscito l'horror cantonese deflagra, prendendo a prestito miti, tradizioni e luoghi comuni, anche esterofili, pur di arrivare al suo scopo: che non è lo spavento, la paura, ma piuttosto lo shock fisico, il disgusto, la repulsione. L'atteggiamento è apposta sfrontato e sfrenato: sesso esibito, violenza, effettacci gore - da due soldi, ma repellenti quanto basta, perlopiù a base di vermi, vomito, scarafaggi e sangue visibilmente finto -, folklore locale, nudità varie e gratuità di gran parte delle situazioni ne fanno uno (s)cult ammirato e incensato ovunque tranne che in patria. Partendo di simili premesse non stupiscono allora la storia banale, la premessa futile, la recitazione appena accennata, i paradossi narrativi ingiustificati. Anzi, la storia di un ingegnere concupito da una ricca maliarda disposta a tutto (persino a ingaggiare un mago perché costringa l'uomo a desiderarla), a sua volta braccata da uno spasimante interessato solo agli averi che il marito le ha lasciato dopo il divorzio, permette curiosamente un discorso intertestuale superiore alle attese. L'eroe classico (Ti Lung, in abiti civili) soccombe alla potenza della superstizione, cede al richiamo della carne (finora negatagli nei wuxia in cui solitamente veste i panni del paladino puro interessato solo all'onore) e si trasforma in burattino nella mani altrui (al contrario di quanto faceva, spada in mano, nei film di Chang Cheh o Chor Yuen, in cui era più che mai artefice del suo destino). Implicitamente è la rivincita del caratterista (Guk Fung, ma anche, per un breve momento, Lo Lieh), che tira le fila del gioco insieme alla starlette (Tim Lei), donna moderna, vamp affamata di libertà e indipendenza (sessuale). Il look tribale dello stregone, vestito come un turista privo di buon gusto, e la furia selvaggia della magia nera autorizzano inoltre un parallelismo con la quotidianità urbana: la foresta a un passo dal centro cittadino, pericolosa, oscura, è agli antipodi rispetto all'ordine di un cantiere dove si lavora sodo e la pulizia (esteriore) delle ville perbene, con piscina, maggiordomi in livrea e ampio giardino ben curato. In un colpo solo Black Magic costruisce le fondamenta di decine di horror erotici, sudati, sporchi, vissuti al confine tra civiltà e barbarie, tra i misteri dell'occulto e la culla domestica, tra paesi rozzamente intrisi di culti sanguinolenti e Hong Kong (ma in realtà gli esterni sono girati a Singapore), metropoli dalla facciata linda ma dal cuore altrettanto marcio. Diversi seguiti, uno dei quali diretto proprio da Lo Lieh nei primi anni '80, e tanti imitatori, molti prodotti dagli stessi Shaw Brothers (basti pensare al seminale Seeding of a Ghost, ancora più trasgressivo e violento), ne ampliano la portata (internazionale) e l'aura di classico del kitsch.

Hong Kong, 1975
Regia: Ho Meng Hua
Soggetto / Sceneggiatura: Ni Kuang
Cast: Ti Lung, Guk Fung, Tim Lei , Lo Lieh, Lily Li