Categoria: FILM

Peking Opera BluesSegmenti di esistenze che si rincorrono su un palcoscenico, in un continuo sovrapporsi di ruoli e luoghi. Vite che ruotano attorno ad un centro atrattore solo casualmente coincidente, per personaggi che fino a pochi istanti prima non si conoscevano. La logica del film è molto semplice, eppure complessa. Un incrocio azzardato, e proprio per questo tanto incredibilmente riuscito, tra un Quarto Potere e un Hellzapoppin mischiati in salsa hongkongese. Questo e molto altro in un'ora e quaranta di spettacolo difficilmente sintetizzabile. Arduo infatti trovare una formula che possa definire cosa sia realmente Peking Opera Blues. Commedia o dramma? Film d'azione o in costume? Satira politica o divertissment intellettuale? Tsui Hark riesce a mischiare le carte in modo tale che non è più importante saperlo - o capirlo. Tutto acquista una consequenzialità a metà strada tra caso e destino, caos e predestinazione.
Volendo semplificare, si potrebbe pensare questo. Prendi cinque personaggi a caso (rigorosamente tre donne e due uomini, e che inizialmente non abbiano nessuna relazione tra loro), posizionali in uno spazio ben definito (la Cina del 1911) e trova un modo per farli conoscere, incontrare, perdersi e ritrovarsi. Nel mezzo naturalmente non devono mancare scene spettacolari, comiche, drammatiche ed epiche in quantità a piacere. Si tratta dunque di risolvere un'equazione matematica o di follia all'ultimo stadio? Il sospetto permane, su questo non c'è dubbio, a meno che non si tratti di una pazzia matematica e calcolata (per questo c'è da avere ancora più paura). E il risultato è un turbinio di emozioni che si aggrovigliano per poi disciogliersi e ricomporsi con altre sfaccettature, in una parabola crescente senza sosta. Emozioni visive - e le coreografie, oltre all'occhio vigile di Tsui, sono dovute ad un certo Ching Siu-Tung, il che ovviamente non guasta - assommate ad emozioni auditive (visto che la colonna sonora ha la facile tendenza ad insinuarsi nell'orecchio dello spettatore), ma questa è solo la superficie. Difficile infatti non inabissarsi in una storia così seria da non prendersi troppo sul serio, narrata con tanto estro da desidereare rivedere ogni scena per poterla meglio assaporare. Una recitazione intensa - e ancora una volta Tsui Hark dimostra di essere uno dei migliori direttori di attrici, con la prova magistrale soprattuto di una Brigitte Lin dai capelli corti e impomatati, ma spalleggiata eccellentemente da Sally Yeh e Cherie Chung - e un plot che non lascia tregua fanno il resto.
Inutile tentare di sproloquiare ancora, i capolavori restano difatti capolavori anche se riraccontati con qualche frase in più. E continuano ad essere capolavori pur in presenza di impercettibili difetti. Una forse troppo spinta propensione iniziale verso la commedia (corretta d'altro canto subito dopo) o una certa tendenza a lasciare da parte pezzi di sottotrame non inficiano certo la visione e anzi non si notano quasi.
L'ultimo, ineluttabile dubbio è che il tutto sia talmente pieno e sovraccarico da risultare nullo. Forse qua e là può emergere la sensazione che i personaggi girino a vuoto, che tutto sia solo un pretesto. Ma se questo è il vuoto, ragazzi, ebbene datemene ancora...

Hong Kong, 1986
Regia: Tsui Hark
Soggetto / Sceneggiatura: Raymond To
Cast: Brigitte Lin, Sally Yeh, Cherie Chung, Wu Ma, Mark Cheng