Categoria: PROFILI

Simon YamFaccia da modello e sorriso luciferino. In questi due aspetti contrastanti sta tutta la forza di un attore versatile quanto sfuggente. E non a caso la sua carriera inizia con la moda e con la pubblicità. Poi il suo volto è prelevato a forza e donato al cinema. A pellicole strepitose se ne alternano altre che chiamare scadenti è francamente un complimento, ma non è questo il punto. Il suo è uno dei rari esempi di attore totalmente dedito alla missione attoriale, capace di trasfigurarzioni e nemesi ininterrotte, in una continua rinascita dalle proprie ceneri che lo porta ad oltrepassare i limiti precedentemente raggiunti. Ma al contempo il suo è un volto sempre perfettamente riconoscibile e individuabile, un segno rosso tracciato nei film in cui compare - non un attore che si mimetizza e si scolora nel personaggio interpretato, quindi, quanto un segno distinguibile e per questo tanto più inquietante. Perché spesso il suo è il volto in primo luogo dell'ambiguità, poi del male.
Come per il gangster che tenta le pulsioni omoerotiche di Chow Yun Fat in Full Contact di Ringo Lam (1992), in cui il suo ghigno sardonico si trasforma in una maschera sadica, perfettamente a suo agio con l'atmosfera da fumetto un po' pulp. E poi come nel tour de force negli abissi più oscuri della perversione di Dr. Lamb (di Danny Lee e Billy Tang, sempre del 1992), in cui sprigiona pulsioni da omicida seriale necrofilo con una cattiveria inarrivabile. Non a caso può essere accomunato solo ad Anthony Wong, a cui effettivamente spesso viene accostato per la radicalità delle scelte, e al suo The Untold Story (di Herman Yau assieme a Danny Lee). Ma se Anthony Wong è una maschera tragica impassibile, è il lato arrendevole e da latin lover di Simon Yam a sconcertare, proprio perché in grado di colpire maggiormente nella sua presupposta innocenza.
E allora eccolo da un lato proseguire nella sua strada oscura, con personaggi sempre più nichilisticamente diabolici. Insanity di Tony Leung Siu Hung (1993) lo vede nei panni di un ex-poliziotto che insidia una donna sola che aveva chiamato la polizia perché allarmata dal ritardo di suo marito, mentre in Run and Kill di Billy Tang (1993) si vendica della morte del fratello ad opera di uno sfortunato Kent Cheng costringendolo a guardare mentre brucia viva la sua figlioletta (dopo peraltro avergli ucciso la madre). Dall'altro raccoglie la sfida di personaggi ambigui, difficilmente schematizzabili, come nel crepuscolare Bullet in the Head di John Woo (1990), dove interpreta un killer innamorato di una prostituta che appare e scompare dalla vita dei tre amici in fuga da Hong Kong durante la guerra del Vietnam, o nel sottovalutato Powerful Four di David Lam (1992) in cui interpreta un poliziotto dal passato non limpidissimo - discorso poi proseguito nel tempo come si vede nello splendido Juliet in Love (Wilson Yip, 2000), in cui è un boss diviso tra la crudeltà della strada e un amore travagliato per il figlioletto appena nato che è costretto a dare in affidamento alla coppia Francis Ng / Sandra Ng. C'è poi il suo lato più solare che emerge con il tempo, come nell'altrettanto misconosciuto ma imprescindibile First Shot sempre di David Lam (1993), in cui entra a far parte dell'appena fondato dipartimento anti-corruzione (sorta di rifacimento, probabilmente superiore all'originale, de Gli intoccabili di Brian De Palma) o nei suoi ultimi successi Expect the Unexpected (Patrick Yau, 1998), una delle sue interpretazioni migliori, e The Mission (Johnnie To, 1999).