Categoria: FILM

92 Legendary La Rose NoireJeff Lau1 o dell'imprevedibilità. Un autore in possesso di un'intelligenza e di una sensibilità fuori dal comune, uno spirito eccentrico capace di (r)innovare prendendo spunto dalle fonti più comuni e di aggiornarle rendendole sempre attuali e interessanti. E' il caso di 92 Legendary La Rose Noire, il cui titolo è già un programma: una commedia che rispolvera la tradizione e la omaggia con riconoscenza. Premessa storica: nel 1965 Chor Yuen confeziona un giallo rosa, The Black Rose, in cui le protagoniste sono due eroine nerovestite - due sorelle orfane - che come Robin Hood rubano ai ricchi per dare ai poveri. La protagonista di questo remake-parodia si trova coinvolta, insieme ad un'amica e senza volerlo, in un regolamento di conti tra criminali: impaurite le due donne lasciano un biglietto che rivendica la paternità degli omicidi alla Rosa Nera, eroina leggendaria ammirata in televisione. Ma le due sorelle che nella realtà hanno vestito i panni della Rosa Nera non sono morte come si poteva credere, solo invecchiate e un po' rincitrullite.
Il film procede per livelli, scatenando ad ogni passo una comicità sempre più coinvolgente: prima l'antefatto con il fattaccio, poi la comparsa in scena delle sorelle, che imprigionano la millantatrice e il suo spasimante (un poliziotto), infine il regolamento di conti tra i criminali (che nel frattempo hanno catturato l'altra amica) e i buoni. Il rispetto per l'originale non ferma il regista, che mette in piedi un teatrino dell'assurdo, formalmente anarchico, dissacrante ma a suo modo sentito nel tributare a un'intera epoca, gli anni sessanta, il giusto omaggio. La confezione è stravagante, patinata e brillante; l'ironia tagliente, grottesca e facilona. La coesione di tutti gli elementi dà origine a un pastiche marcatamente teatrale (soprattutto negli interni), finto kitsch, frutto di una rielaborazione in chiave postmoderna di cultura e tradizione del passato. La cura di ogni dettaglio è impressionante: dalle scenografie pop e colorate, ai caratteri studiati con il microscopio. Sinonimo di sincera passione.
Tanti i cambi di ritmo e di sceneggiatura - non è un difetto, ma una variante necessaria per combinare insieme umori e epoche lontane -; richiami che hanno il sapore della celebrazione e dell'auto-citazione (la querelle tra Ng Man Tat e Stephen Chiau per una foto) e che sfociano nella parodia continuata. I personaggi giocano direttamente con la platea (chiamata in causa dal karaoke nei brani cantati): la struttura a incastro afferma e nega al tempo stesso, e si affida all'intuizione del pubblico, rispettato e reso partecipe. Il messaggio è uno solo: divertiamoci insieme. Gli attori sono i primi a godere di una simile distensione dei toni: Tony Leung Ka-fai, che fa il verso al vecchio protagonista Lui Kei, le cui entrate comiche sono sempre fuori tempo, è assolutamente impagabile, ben supportato dall'intero cast femminile, in special modo dalla Rosa Nera rimbecillita che non riesce più a ricordare niente. Gli equivoci si sprecano - il poliziotto scambiato dalle donne per un vecchio spasimante e costretto a sposare una delle due -, e il tono si fa surreale2. Nessuno crede a quello che sta vedendo, ma piace pensare di essere complici di uno scherzo ben riuscito: si ride per assurdo e si partecipa alla festa. Apice della quale è un epilogo che è puro delirio dei sensi: la confusione permette di chiarire a tutti i punti rimasti irrisolti, e di far avverare un finale lieto ma nel segno dell'azione e del sangue (gli omicidi danno la malsana sensazione che la black comedy possa degenerare in massacro da un momento all'altro, cosa che non succede ovviamente mai). Poco prima della chiusa ci aveva pensato il solito videoclip riassuntivo a mostrarci che 92 Legendary La Rose Noire è soprattutto un film sull'amore. Quello in carne ed ossa e quello ideale. E quando Jeff Lau può spingere sul tasto del patetico e del melodramma non ha rivali.
In anticipo sui tempi, 92 Legendary La Rose Noire è stato l'outsider della stagione 1992, piazzandosi al primo posto nelle classifiche degli incassi3 e generando almeno due seguiti (di cui uno ufficiale diretto dallo stesso Lau) e un trend che ha fatto della riscoperta del mondo dorato del cinema che fu il proprio modello di riferimento.

Note:
1. Nonostante il film risulti firmato dal prestanome Joseph Chan (Chan Si Ji), la paternità dell'opera è da addebitare a Jeff Lau, punito dalle triadi con un anno sabbatico e costretto a ricorrere a simili espedienti per lavorare.
2. Purtroppo per lo spettatore occidentale c'è la mediazione dei sottotitoli, che alterano e semplificano le battute. La forza del film è tale che si ride lo stesso, ma tante sottigliezze e tanti giochi di parole sono irrimediabilmente perduti.
3. La pellicola si è guadagnata anche due Hong Kong Film Award per il miglior attore protagonista (Leung Ka-fai) e per la miglior interprete non protagonista (Petrina Fung), a fronte di una decina di nomination (le candidature per la categoria best supporting actress erano addirittura tre).

Hong Kong, 1992
Regia: Jeff Lau
Soggetto / Sceneggiatura: Kay On
Cast: Maggie Shaw, Teresa Mo, Tony Leung Ka-fai, Wong Wan Si, Petrina Fung