Categoria: STRADE PERDUTE
Those Were the DaysContinuando sullo stesso binario in parallelo accennato cinematograficamente da Those Were the Days e vista la mia attuale passione per il cinema cantonese degli anni ’60 mi viene spontaneo paragonare l’attuale star system a quello di un tempo, per ipotizzare potenziali confronti. C’erano allora due regine, una più disincantata e floreale, Connie Chan, l’altra più ragionata e tendente al dramma, come Josephine Siao. Visti gli ultimi sviluppi della sua carriera, con le buone performance di Lost in Time e One Nite in Mongkok la perfetta controparte per la seconda è Cecilia Cheung. Al posto della prima va privilegiata una figura solare, che sguazzi nella commedia con lo stesso entusiasmo: la Sammi Cheng di Needing You… e Love for All Seasons mi sembra più che adeguata a reggere il paragone.

Per ogni gran dama un principe azzurro: al posto di Lui Kei, vista anche la partnership su grande schermo con Sammi, è inevitabile citare Louis Koo. Come novello Patrick Tse invece, chi meglio della prole, diretta filiazione anche nell’industria del suo sangue? Ma se il Nicholas Tse degli esordi ha perso smalto a dargli corda, per una joint venture improvvisabile, c’è Edison Chen, che mi ricorda tanto anche Andy Lau per quanto è al tempo stesso cool, smargiasso e un po’ coatto.
Invece di Alan Tang ecco Shawn Yu, ombroso e con discreta propensione per i ruoli d’azione; al suo fianco Eason Chan, volto buffo che sostituisce egregiamente Wu Fung - altra valida controparte sarebbe Jordan Chan, ironico e lo stesso fascinoso, ma appartiene già alla generazione precedente -, e Daniel Wu, ancora limitato rispetto ai colleghi anche se non privo di charme divistico, per Kenneth Tsang. Pensare a Naked Ambition come a un moderno My Intimate Partner è così irriverente? Richie Ren, fuori età anche se ancora giovane d’aspetto, recupera la maturità di un Lam Ka-sing, mentre l’evergreen Ekin Cheng, a volte simpatico a volte fuori parte, vale un Cheung Ying-tsoi. Spalla comica ideale d’oggidì è Chapman To, come Cheung Ching lo era quattro decadi addietro.
La classe attoriale e la pacata compostezza di Angelica Lee le vale il ruolo di moderna Nam Hung, allo stesso modo partecipa a commediole (Sunshine Cops), drammi, strappalacrime e non (20:30:40), e horror di maniera (Koma, The Eye). Nancy Sit, sbarazzina e un po’ ribelle, sapeva essere pacchiana proprio come i capelli tinti che spesso Miriam Yeung sfoggia senza imbarazzo: le manca la sensualità maliziosa della collega per uscire dallo stereotipo della bruttina che straparla e fa ridere, e per convincere da protagonista, a 360 gradi. Charlene Choi ha incominciato giovanissima, come Petrina Fung, e con lo stesso spirito caustico, quasi anarchico, si sta facendo strada senza rifiutare nessun ruolo, anche quelli che non le si addicono molto, con l’unica differenza che la metà delle Twins è molto più carina, e ad essere sinceri non esclude il paragone neanche con la star cantonese Cathay Christine Pai. Belle senz’anima, si direbbe, a proposito di Niki Cheung / Kong Suet, o di Gillian Chung / Lam Fung, il cui fandom è giustificato, per il momento, più dall’apparenza estetica che dalle effettive capacità, anche se sotto la superficie si intuiscono grandi cose. Suet Nei e Cherrie Yin hanno lo stesso viso tondo e un modo di fare buffamente snob: e sono ugualmente adorabili. Karena Lam, a volte artificiosa a volte pre-costruita a volte antipaticamente fuori parte è, limiti d’età a parte, una perfetta Ng Kwun-lai, che funziona bene nei drammi e meno bene nelle commedia in cui non si sa prendere in giro.
E’ semmai estremamente difficile trovare valide alternative alle caratteriste di un tempo, come Helena Law o Lydia Shum, più uniche che rare, né una bellezza non volgare, matura e ammaliante come Patsy Ka Ling: Zhang Ziyi, seppur giovanissima, in 2046 le si avvicina sensibilmente. Anche perché le attrici di oggi puntano soprattutto ad essere protagoniste monocromatiche e si rifiutano di giocare con la propria immagine, con un’unica coraggiosissima eccezione ancora negligentemente sottovalutata, Candy Lo. Un gradino sotto si piazza Josie Ho, dopo di lei un vuoto ingiustificato. Il gioco potrebbe continuare per ore - con l’imbarazzo della scelta per rimpiazzare Tina Ti con un’ochetta qualsiasi - e pericolosamente finire in derive potenziali facilmente smentite nel giro di lassi di tempo brevissimi… Pochi anni, pochi mesi, poche settimane sarebbero sufficienti a cambiare queste gerarchie delicatamente intrecciate con la fantasia e un pizzico di cattiveria. Entrare nel merito dei registi sarebbe altrettanto divertente e complicato - dove lo troviamo un moderno Cheung Wai Gwong? O un Mok Hong-see? -, ed è doveroso lasciare riposare in pace anche le singole pellicole, dall’alto della loro rifulgente imperfezione.
Però non è un caso - anzi una testimonianza ulteriore che gli anni 2000 vogliono dichiaratamente e spudoratamente riscoprire e ricalcare splendori e miserie della Hong Kong dei ruggenti sixties - che a distanza di tanti anni tornino le eroine mascherate (Silver Hawk), le donne abbandonate a se stesse e al sudore della loro fatica (Lost in Time), i remake tattici (The Lion’s Roar), i pasticci postmoderni (Protégé de la Rose Noire), le commedie leggerissime in costume (Elixir of Love), i quasi musicarelli coloratissimi (Why Me, Sweetie?!) e le fantacommedie piene di spirito e di inventiva (Hidden Heroes). Popolate da figure d'un tempo: comici, galletti, villains da fumetto e pupe che battibeccano allegramente e amichevolmente sullo schermo, cedendo il passo ad un'epoca passata ma pronta a rientrare in auge.