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CEPA: Una panacea per il cinema di Hong Kong?

The Death CurseLe co-produzioni tra Cina e Hong Kong si scontreranno con la censura. Il Dipartimento Cinese della Censura e della Propaganda è notoriamente difficile da scavalcare. Nei casi passati, metraggi di pellicola sono stati rimossi e persino confiscati. I temi proibiti sono numerosi: la superstizione, i tabu sessuali, le scene esplicite di sesso, i commenti politici, il gioco d'azzardo, la violenza, gli "attentati" alla legge e all'ordine. Ad esempio il tenero dramma statunitense Babe, maialino coraggioso (1995) era stato bandito perché presentava degli animali parlanti!

Le storie di fantasmi devono essere dissimulate. The Death Curse, di Cheang Pou-soi (2003), è stato prodotto con ben in mente il mercato cinese, così le sequenze soprannaturali sono state presentate come scherzi e fantasie. Il film aggira inoltre il problema di dover usare attori cinesi e hongkonghesi descrivendo una famiglia numerosa che necessita di un viaggio nella madrepatria per ricongiungersi. Oltre a questo, i produttori cinesi hanno chiesto al regista di rendere il film meno spaventoso. The Death Curse si è comportato bene al botteghino hongkonghese, ma più che altro per la presenza dei gruppi pop Twins e Boy'z. Sempre con protagoniste le Twins, The Twins Effect 2 non sarà più una storia di cacciatori e vampiri come l'originale, ma diventa un dramma storico destinato a entrambi i mercati.

Infernal Affairs (2002) aveva un finale diverso per gli spettatori cinesi, in cui Ming (Andy Lau) non riusciva a sfuggire; un tale cambiamento è ovviamente incongruente con i seguiti. C'è una tendenza crescente a produrre due versioni per assicurarsi l'uscita in Cina.

Infernal Affairs III era chiaramente un tentativo di appianare le barriere, vista la presenza di un attore cinese, Chan Diy Ming, e di un forte messaggio contro il crimine. Il regolamento in effetti prevede che i protagonisti cinesi debbano avere uno stretto legame con la madrepatria - e il dato è lasciato aperto alle interpretazioni. In Infernal Affairs III un agente segreto cinese, Shadow (Chan Diy Ming), lavora con SP Yeung (Leon Lai), per smascherare i traffici d'armi del boss Sam, e in seguito per portare allo scoperto gli infiltrati all'interno delle forze dell'ordine di Hong Kong. Il personaggio manca della complessità psicologica ravvisabile nei film precedenti e la connessione con la madrepatria risulta forzata e non necessaria. Nel film Chen e il suo aiutante parlano mandarino, ma la maggior parte degli attori hongkonghesi faticano a usarlo - al di là di Leon Lai, originario di Pechino. Addirittura, in un risvolto parodistico, Tony Leung si rifiuta di provare a parlarlo nonostante l'invito di Shadow. Distribuito durante le feste di natale del 2003, il film a Hong Kong ha superato gli incassi di Infernal Affairs II, ma è probabile si tratti del periodo più propizio, dell'aggressiva campagna pubblicitaria e della maggiore notorietà degli attori.

Da quando la sincronizzazione dei dialoghi è diventata la norma nelle pellicole hongkonghesi, gli spettatori locali e i critici hanno mostrato segni di intolleranza nei confronti del cantonese pronunciato male. Ci sono due alternative per gli attori non cantonesi come ad esempio Richie Ren e Daniel Wu. Primo, la loro voce può essere malamente doppiata. Secondo, la sceneggiatura può essere adattata per spiegare la presenza di protagonisti che parlano inglese o mandarino. Da questo punto di vista il CEPA si dimostra un vantaggio nel creare opportunità per alcuni attori di comparire in ruoli che usino legittimamente il mandarino.

All'opposto di Infernal Affairs III c'è il fallimento di un altro action d'alto profilo nel passare la maglia dei censori: si tratta di Jiang Hu, uscito nel maggio del 2004 a Hong Kong. Una delle scene più discusse riguarda il sesso tra Turbo (Edison Chen) e una cagnetta. La scena, che in origine durava 20 secondi, era già stata portata a 2 secondi su richiesta della Pepsi Cola, di cui Chen è portavoce. Ma anche questa versione "ripulita" è stata respinta dalla censura cinese. I produttori, inclusi Andy Lau ed Eric Tsang, hanno anche dovuto vedersela con i problemi locali di classificazione. Il montaggio ha permesso a Jiang Hu di passare con il certificato IIB, altrimenti, fosse passato con il limitante certificato di Cat. III, gli investitori avrebbero visto i loro soldi evaporare. Non c'è bisogno di dirlo, difficilmente il film avrà un'ampia distribuzione in Cina.

Risulta chiaro, la preoccupazione più grande per Hong Kong è la diffusione dell'auto censura. Soltanto coloro che saranno abbastanza coraggiosi continueranno a fare film con soggetti interessanti e proveranno a sopravvivere senza i compromessi necessari a penetrare il mercato cinese.

Il CEPA, quale strategia regionale per i film di lingua cinese, ha già significativamente influenzato la produzione di film a Hong Kong. Ha consolidato il trend già in atto di co-produzioni con la Cina e ha facilitato la penetrazione delle compagnie straniere nella madrepatria attraverso Hong Kong. In ogni caso il patto non compenserà una cultura debole della fruizione cinematografica a fronte di un mercato dell'home video forte in Cina e a Hong Kong.

Negli anni passati numerosi film piatti e didascalici sono già stati prodotti, e dopotutto un mondo senza superstizione, politica, corruzione, crimine e sesso appare quantomeno sbiadito. È questo il motivo per cui i film cinesi approvati ufficialmente dal governo solo raramente sono andati bene anche a Hong Kong. Risulta infine chiaro che creatività e ardore, a lungo associati con le pellicole di Hong Kong, soffriranno della ricerca spasmodica per un ritorno economico, in un clima tutt'altro che fertile per la realizzazione di film eccitanti e appassionati.