Categoria: FILM

The 36th Chamber of ShaolinLiu Yu Te è uno studente costretto alla fuga da un regime che arriva a considerare - e di conseguenza a sterminare indiscriminatamente - tutte le persone colte, viste come cospiratrici. La sua fuga ha una meta ben precisa, il tempio di Shaolin, dove si impegnerà ad apprendere le arti marziali in vista della vendetta. Quando avrà completato gli studi sarà però cacciato, in quanto suo intento è aprire l'insegnamento anche alle persone comuni.
A ben vedere la trama è quanto di più classico si possa immaginare. Sono presenti i tre passaggi fondamentali della maggioranza dei gongfupian storici; il torto iniziale, lo studio forsennato e il momento catartico dello scontro finale - con, in aggiunta, l'altrettanto risaputo topos dell'insegnante scostante (in questo caso tutti i monaci del tempio) che elude i tentativi dello studente di farsi prendere come allievo. Ciò che interessa nel meraviglioso affresco architettato da Liu Chia-liang è allora tanto la forma quanto il messaggio umanista intarsiato tra le righe. Perché se è vero che, per quanto ben strutturato, dal punto di vista sceneggiativo non si tratta di nulla di nuovo, sotto l'apparente banalità è nascosta una vivissima riflessione su un mondo in procinto di scomparire - quello cinese tradizionale. La personale odissea del protagonista mette infatti in luce da un lato tutta la complessa filosofia che sta alla base delle arti marziali, con una concezione di apprendimento almeno in parte incommensurabile rispetto all'idea occidentale. Vale a dire una ricerca prima di tutto interiore e personale, in cui sono le stesse motivazioni dello studente a far emergere quanto c'è da apprendere (è l'allievo in qualche modo a creare il mondo concettuale del suo apprendistato, non certo l'insegnante a doverglielo mostrare). Dall'altro, per contrasto, il superamento di tale modello in un'apertura verso l'esterno. Quando Liu Yu Te decide di sfidare le concezioni radicate nella mentalità dei monaci, proponendo l'apertura di una trentaseiesima stanza di addestramento preposta all'insegnamento a tutto il popolo, crea una frattura sanabile solo con l'allontanamento. Quello che emerge da una tale frattura è un tentativo di redenzione tramite le arti marziali, una sorta di critica implicita alla chiusura elitaria di una sapienza che, se distribuita in egual misura, eviterebbe il degenerare in tirannie e sopraffazioni. Non tanto perché, sarebbe sin troppo banale e svilente, tramite le arti marziali ogni persona avrebbe la sua personale possibilità di vendetta, quanto perché proprio tramite l'apprendistato e l'apertura mentale necessaria a raggiungere il proprio scopo si darebbe il via a un circolo virtuoso che porterebbe a un mutamento di visuale. Proprio come Liu Yu Te evolve la sua visuale e cambia le sue prospettive (anche se poi, va da sé, il suo fine rimane sempre la vendetta), in egual misura sembra esistere una possibilità di redenzione per il genere umano.
Questo messaggio positivo, anche se amaro - a fatti già avvenuti - è sorretto e amplificato da uno stile non eccessivamente ricercato, ma rigoroso. Le coreografie presentano un crescendo, dal primo duello quasi stilizzato, fino allo scoppio virulento sul finale. La fase di allenamento è inoltre particolarmente inventiva, e meriterebbe di essere vista anche da sola. A partire dai tentativi degli studenti di sorpassare un tratto d'acqua stando in equilibrio su sottili tronchi, fino a secchi colmi da trasportare a braccia tese, con lame posizionate sulle braccia in modo da scoraggiare i cedimenti, o il tentativo di seguire con i soli occhi i movimenti di una debole fiammella, stando attenti a non muovere la testa, posizionata tra due rostri ardenti. Gordon Liu (Liu Chia-hui), fratello adottivo del regista, è in questo perfetto, assurgendo quasi a livello di icona nella sua imperturbabile tranquillità d'intenti, regalando una prova attoriale degna d'attenzione. Ultima nota d'interesse, caso raro per film comunque girati in fretta sotto l'egida Shaw Brothers, è la fotografia particolarmente vivida ed evocativa.
Semplicemente un classico.

Hong Kong, 1978
Regia: Liu Chia-liang
Soggetto / Sceneggiatura: Ni Kuang
Cast: Gordon Liu, Wong Yu, Henry Yu, Chiang Nan, John Cheung