Categoria: LA COMMEDIA ALL'HONGKONGHESE

The Irresistible PiggiesIn che modo una bella attrice, non per forza dotata di grande ironia o di talento da vendere, si può inserire in un contesto comico e partecipare alla costruzione della gag? L'unica vera interprete in grado di crearsi un ruolo di primissimo piano nell'universo della commedia è Sandra Ng, ma al suo fianco, o forse sarebbe meglio dire qualche gradino più in basso di un'ipotetica scala indice di gradimento, sgomitano senza tregua tante colleghe disposte a provare i brividi di un'esperienza diversa dal solito. Il primo pensiero, un po' maschilista, è per la spalla, la soubrette, la bellona che accompagna metaforicamente il prestigiatore e magari distoglie al momento opportuno lo sguardo del pubblico per evitare che si accorga di un trucco banale. Troppo semplice e troppo sfruttato: il cinema di Hong Kong è pieno di bellezze che nel classico quarto d'ora di celebrità hanno sfoggiato l'intero armementario a disposizione in fatto di seduzione e compiacenza. Senza peralatro essere davvero spiritose o avere una parte attiva, e quindi qualsivoglia merito, quando c'è da riscuotere l'applauso: anche se alla fine il loro momento è stato sfruttato con astuzia. E' un procedimento sempreverde, misogino quanto basta, ripetuto ad nauseam dagli anni sessanta di Tina Ti all'oggi, dove, per esempio, la procace Sherming Yiu affianca Nat Chan e Eric Kot in Tricky King e Sophie Ngan e Angela Tong, siliconate, si prestano a fare le oche - anche se la scena in cui un seno di Sophie è perforato da un piccolo arpione è molto ben pensata - in Beauty and the Breast. Più coraggiose che divertenti, probabilmente per la pedanteria morale che è sottintesa, le quattro single imbruttite di The Irresistible Piggies, che finiscono per risultare una deviazione freak delle curiosità da museo (degli orrori). Il gioco quindi è visibilmente impari e tutto sommato non particolarmente originale.
Ma nel panorama di miss e modelle risalta a inizio anni '90 la verve della ragazza della porta accanto (indicata in cinese con un termine specifico traducibile come giada preziosa), sia essa Charlie Yeung, Athena Chu - ottima nel recente Chinese Odyssey 2002 di Jeff Lau - o Anita Yuen. Le giovani carine - mai troppo belle - ripropongono dopo due lustri il mito e la freschezza delle starlette della generazione del dopo guerra, capitanate da Josephine Siao e Connie Chan. Ma essendo i tempi più liberi e l'inventiva post-moderna al massimo livello, alle nuove protagoniste, subito incoronate reginette a furor di popolo, sono concessi spazi ampi per mostrare spirito e iniziativa. Anita Yuen, già miss Hong Kong, più volte diretta da Wong Jing, che ne predilige la schiettezza (e in Whatever You Want... gli toccano anche gli insulti in presa diretta1), arriva anche contro ogni pronostico a tener testa a Stephen Chiau in From Beijing with Love, dove prende in giro la buona samaritana di C'est la vie, mon cheri che le ha regalato il successo. Charlie Yeung, ancor meno avvenente della collega, dà il Whatever You Want...meglio in mano a Tsui Hark, che prima le cuce addosso un ruolo romantico (in The Lovers) e poi lo spazza via con una specie di parodia surreale a base di strappi temporali, vomito - quello che proprio la Yeung scarica sul suo spasimante Eric Kot - e assurdità senza soluzione di continuità. In tempi più recenti è Cecilia Cheung a raccogliere questo testimone, sempre grazie a Stephen Chiau, che in King of Comedy la fa debuttare nel ruolo di una club girl sguaiata e aggressiva da redimere e far innamorare: un ruolo che bene o male ripeterà di lì in poi, nelle sue diverse varianti, senza lo stesso ardore. Chiau è l'unico attore / regista davvero in grado di valorizzare chiunque gli stia intorno, permettendo all'umorismo innato dei suoi collaboratori di venire a galla: e non è un caso che chi sia tornato a lavorare spesso con lui, come la scatenata Karen Mok, abbia dovuto sopportarne di cotte e di crude e dimostrare grande auto-indulgenza. Il talento del popolare mattatore sta anche nel liberare l'immagine delle colleghe da tabù e inibizioni: in Sixty Million Dollar Man Gigi Leung prepara il campo alla pignola stilista che dà filo da torcere a Louis Koo in La Brassiere. Al pari di Chiau, anche a Jackie Chan piace il ruolo di mecenate, ma le sue partner su schermo hanno meno possibilità di agire al di fuori dai canoni prestabiliti e fanno più facilmente tappezzeria.
Come sempre, accanto ad un oggetto prezioso ci sono poi le patacche, i Rolex falsi, i fondi di bottiglia. Sarebbe un delitto considerare tali Sammi Cheng e Miriam Yeung (al meglio in Dummy Mommy, without a Baby), ma la loro ripetitività alla lunga stanca e il modello comico proposto si accartoccia su se stesso. Meglio allora l'Anita Mui dei tempi bui (e non solo: si veda il tremendo tour de force cui è sottoposta in Rumble in the Bronx) e la Maggie Cheung pre-Wong Kar-wai, sbarazzina e irriverente: capace quest'ultima di non badare alla reputazione e di buttarsi nella mischia con incoscienza, abbandonandosi se necessario anche alla scatologia, come in All's Well End's Well, quando è costretta a fare i conti con un pappagallo e con l'urina ivi contenuta. Oggi solo Candy Lo ha il coraggio di farsi sotto con grinta2, mentre le nuove stelline - tranne forse Stephy Tang della pop-band Cookies (ma con una filmografia così striminzita è ancora troppo presto per giudicarne l'operato) e Charlene Choi delle rivali Twins (Summer Breeze of Love) - preferiscono farsi guardare mentre assecondano i The Magnificent Scoundrelspiani manageriali dei loro impresari. Per trovare attrici veramente disposte a mettersi in gioco, bisogna allora sporcarsi un po' le mani e rovistare nel fondo del barile. Da qui saltano fuori nomi meno considerati ma assolutamente interessanti: Nicola Cheung, Nancy Lan (quasi sempre in coppia con l'altrettanto squilibrato Wyman Wong), Bonnie Wong e tre outsider di stra-lusso come Teresa Mo (irresistibile quando tiene testa a Stephen Chiau, finto cieco, a suon di imitazioni improvvisate in The Magnificent Scoundrels), Lydia Shum e Yuen King-tan. La Shum è la madrina di tutte le attrici comiche fuori dagli schemi3, dagli anni sessanta in poi - compresa l'enfant prodige Petrina Fung -, con un fisico rivedibile e sguardo e risata contagiosi. Yuen King-tan, il cui nome è spesso storpiato in Kingdom Yuen, è piuttosto una sua deriva impazzita, la sorellastra cattiva di Sandra Ng, persasi ormai tra scatologia di Cat. III inutili (di solito veste i panni della meretrice scafata o della tenutaria del bordello) e trashate irriverenti: è ormai l'unica credibile alternativa femminile ad un trend cantonese di comicità definitivamente ed esclusivamente al maschile. Ai più attenti non sarà sfuggita la sua gara di insolenza e dialettica contro Stephen Chiau - sempre lui! - in Hail the Judge, un assoluto, estasiante atto di prepotenza comica, di incommensurabile bravura e di grandissima efficacia.

Note:
1. Quando Anita Yuen, cinefila appassionata, ammette di riuscire a guardare in poco tempo decine di film purché siano «diretti da Wong Jing, così si può usare il fast forward».
2. Non è un caso se, come nel caso di Candy Lo o di Anita Yuen (da ricordare anche in He's a Woman, She's a Man), le bellezze comicamente più efficaci sono quelle meno appariscenti o più mascoline.
3. Dentro agli schemi, soprattutto sotto l'egida degli Shaw Brothers, vanno segnalate almeno Betty Loh (The Bride Napping), Ivy Ling Po (The Three Smiles), Tien Ni (The Rat Catcher), Li Ching (The Merry Wife) e la Lin Dai meno melodrammatica di Love Parade.