Categoria: SEX AND ZEN

The Lucky SevenIl cinema di Hong Kong, abituato soprattutto a risate, storie romantiche, canzoni e, solo nel peggiore dei casi, alle uccisioni dei wuxia o alla disperazione dei drammi cantonesi degli anni '40 e '50, perde definitivamente la sua innocenza negli anni '70. I prodromi sociali dei film di Lung Kong (Call Girls, Teddy Girls, Story of Discharged Prisoner), di Chor Yuen (Joys and Sorrows of Youth), della commedia sexy (The Lucky Seven, O.K., oltre al sino-americano Sampan) si manifestano in tutta la loro virulenza dopo la caduta del cinema popolare cantonese, in un periodo di ordinaria confusione, che nel giro di tre anni, grazie a Bruce Lee e alla violenza implicita dei suoi duelli, passa dalla ripetizione meccanica del gongfupian dozzinale al tentativo di spostare l'attenzione dai corpi maschili a quelli femminili, vera e propria merce di scambio in un mercato sull'orlo del collasso per eccesso d'offerta.
La nuova ascesa del cinema e soprattutto dell'intrattenimento televisivo in cantonese spinge registi e produttori di casa Shaw a tentare nuove strade, a sperimentare su forme e contenuti, a osare maggiormente, anche a costo di sfidare la rigida censura dei tempi. I risultati al box office indicano che la via è quella giusta: Legends of Lust e Illicit Desire, rispettivamente nel 1972 e 1973, fanno registrare il quinto incasso stagionale. L'anno dopo Sinful Confessions, con Michael Hui, scala una posizione e si piazza subito dietro a Kidnap di Ching Gong, uno dei primi thriller macabri ricchi di tensione e violenza, e di poco davanti a The Golden Lotus. Se si vanno a controllare le statistiche degli introiti annuali, si noterà come ogni anno ci sia almeno un film exploitation / erotico ben piazzato nella top ten: la voglia di proibito colpisce subito l'immaginario collettivo e dopo decenni di finto perbenismo si scatena apertamente il desiderio di infrangere le regole.
Ad aprire le danze è Li Han-hsiang, disilluso dopo il fallimento taiwanese e di nuovo in auge dopo il successo a sorpresa della commediola Legends of Cheating. Pellicole come Love Swindlers o Crazy Sex sono da un lato estremamente ingenue, dall'altro maliziose, provocatorie. Nel riadattare storie popolari, spesso tre o quattro in un'unica situazione, magari con un tema comune (come That's Adultery, basato sul tradimento), Li tesse un ritratto grottesco della società in cui vive, sfruttando sia miti del passato (il Jin Pin Mei, portato su grande schermo numerose volte) che i vizi del presente (anche in coppia con Michael Hui, lanciato in film decisamente ammiccanti).
Sulla sua scia si muovono due ex attori convertiti alla regia: Ho Fan e Lui Kei. Il primo, che comincia come autore impegnato con cortometraggi intellettuali e ambiziosi (come Lost, co-diretto con Sun Bao-ling), si auto-proclama, con The Girl with the Long Hair e Adventure in Denmark, esteta del cinema erotico. Già nella tetralogia diretta da Ho Meng Hua e tratta da Il viaggio in Occidente, Ho Fan, che rivestiva i panni di uno dei protagonisti, il monaco Tang, bramato da diverse donne, lascia intendere che anche nella figura mitica da luiIllicit Desire rappresentata coesistono sottotesti erotici chiari ed espliciti. E' un'esperienza, questa, di cui farà tesoro nel suo desiderio recondito di scoprire le grazie altrui: il neo-regista, soprattutto rimanendo ai suoi esordi impegnati e personali, è tanto attento alla forma e al mezzo come potenziale comunicativo da permettere il paragone con il nostro Tinto Brass. Al pari del regista veneziano associa carne, corpi e messaggi sociali, come lui finirà disilluso, nel finale di carriera (Hidden Desire e ancor di più i due Temptation Summary ambientati, e non è un caso, nel mondo del cinema) a ritrarre la bellezza femminile come unico atto d'amore e unica possibile forma d'espressione cinematografica. Non c'è traccia del cinismo di Li Han-hsiang - si veda per esempio l'audace Yu Pui Tsuen, decisamente fuori tempo e fuori luogo eppure divertito (ma non divertente) - ma semplicemente la ricerca della scatologia e del doppio senso malizioso che non può non scaturire nell'amplesso.
Il secondo della coppia sopra citata, forse senza neanche volerlo per davvero, diventa autore sui generis. Con film come Starlets for Sale, Women of Desire o il divertente 36 Secrets of Courtship, Lui Kei si fa alfiere di un cinema erotico al femminile, in cui i raccordi piccanti non sono necessari alla storia ma semplici concessioni alla platea. Sexy Girls of Denmark torna al mito comune del Nord Europa come luogo di perdizione e vi trasporta le paranoie e le ipocrisie dei cinesi alto-borghesi, che da un lato guardano i super-8 importati di nascosto e dall'altro negano al figlio il benestare per un matrimonio inter-razziale. Ancora più significativo è Adultery, Chinese Style, che è quanto di più simile si possa pensare ad una variante erotica dei musicarelli leggerissimi di Wong Yiu - di cui l'attore era stretto collaboratore in diverse fasi della realizzazione delle pellicole -, con Lui protagonista al fianco di Connie Chan. Il regista, scottato da uno scandalo personale, richiama al suo fianco gli amici di una volta - Wu Fung, Alan Tang, oltre alla amata Ai Ti, cui spetta sempre il ruolo positivo principale - e li fa ballare, ridere, cantare (il secondo episodio non è che un godibilissimo e delicato musical di pochi minuti), senza rimorsi. La fase ultima di Lui Kei regista non rispetta le attese: il senso dell'umorismo grossolano affossa le sue opere (Man Intimate Confessions of a Chinese CourtesanCrazy; Sexy Career Girls) nel momento in cui decide di rimpiazzare il sesso, optional già in precedenza tranquillamente decontestualizzabile, con un sarcasmo greve e fuori luogo.
Parallelamente alcuni cineasti, primariamente Kuei Chi-hung, Ho Meng Hua e Ching Gong, a partire dall'esito positivo di Intimate Confessions of a Chinese Courtesan di Chor Yuen (il quale non lesina mai nudi e sangue, si vedano in proposito le seduzioni offuscate di The Bastard, ottimo esempio di contrasto tra commedia e violenza), sviluppano un discorso a parte che mixa generi e trasgressione. Si tratta perlopiù di opere morbose, sovraccariche, volutamente eccessive e profondamente misogine, dove dramma e ironia si tangono per non negare nulla al pubblico onnivoro. The Call Girl di Ching Gong, Carry on Con Men di Wong Fung, Crazy Bumpkins di Zhang Yang e John Law Ma, anticipano per schiettezza e lucida amoralità gli ultimi vagiti della casa di Sir Run Run, come How to Pick Up Girls di Wong Jing, dove il sesso è sulla carta il piatto principale eppure è appena accennato, o Maybe It's Love di Angela Chan, in cui l'esibizione del corpo (vestito) della reginetta di bellezza Cherie Chung è un mero pretesto per attirare la platea al cinema.