L'edizione 2004 del Future Film Festival di Bologna (manifestazione che da diversi anni passa al setaccio il pianeta alla ricerca di opere, non solo cinematografiche e/o d'animazione, che sperimentino e facciano ampio uso di nuove tecnologie) ha visto la partecipazione di un gruppo cospicuo di pellicole made in Hong Kong; si tratta di My Life as McDull (2001) di Toe Yuen, film d'animazione già transitato in Italia, in quanto presentato al Far East Film Festival di Udine nel 2002 (una scena del film in questione era addirittura riprodotta sulla copertina del catalogo della manifestazione udinese) e sette pellicole estrapolate ad arte dal corpus dell'opera cinematografica del regista di origine vietnamita Tsui Hark, a cui il festival bolognese ha dedicato quest'anno una piccola ma interessante retrospettiva, vale a dire Shanghai Blues (1984), Once Upon a Time in China (1991), Once Upon a Time in China II (1992), Green Snake (1993), The Lovers (1994), Love in the Time of Twilight (1995) e The Blade (1996).
Il #5 (pag. 18), a cura di Giulietta Fara, presenta la pellicola d'animazione My Life as McDull del regista Toe Yuen, che precedentemente si era già occupato della trasposizione/realizzazione della serie televisiva ispirata al maialino McDull & co., personaggi partoriti dalla fantasia dello scrittore Brian Tse e della disegnatrice Alice Mak, e diventati a Hong Kong, nel breve giro di alcuni anni, vere e proprie icone pop.
Attraverso il disvelamento di alcuni passaggi salienti della trama e delle tecniche / estetiche d'animazione usate («Film d'animazione gestito in 2D per i personaggi, mentre per molti paesaggi urbani è stata utilizzata una grafica 3D»; «tecniche tradizionali e digitali in questo film convivono molto bene, in una storia che riserva loro un posto di rilievo: le tecniche seguono la storia e ogni scelta di stile è legata al significato simbolico che essa assume nell'evolversi del film»), chi legge si fa giustamente l'idea di un film indubbiamente molto interessante, profondamente tenero, oltreché adatto a un pubblico sia orientale che occidentale e composto da spettatori sia adulti che bambini.
Il # 14 (pag. 43), a cura di Carlo Tagliazucca e Michele Senesi, delinea due tratti salienti dell'approccio alla materia cinematografica da parte del regista / produttore Tsui Hark: la messa a punto di «un sistema produttivo ipertrofico in cui il termine "autore" non ha un reale significato e i film sono spesso il risultato di un lavoro collettivo» e l'uso di tecnologie di stampo occidentale, pur nel rispetto delle peculiarità della cultura orientale, di cui i suoi film sono pervasi profondamente, il tutto applicato alla quasi totalità dei generi «esistenti nell'ex colonia inglese [Hong Kong - ndr], dalla commedia al fantasy, dal wuxiapian al kung-fu, dal mélo alla commedia».
La cifra autoriale di Tsui Hark è rilevabile nelle sue strategie produttive, piuttosto che «in uno stile preciso», cioè quando «si muove su due binari, da una parte una ricerca stilistica estremamente personale e innovativa, disinteressata alle esigenze di botteghino, che solitamente riserva alle proprie regie, dall'altra film più commerciali, ma spesso non meno ricchi di inventiva, che reinventano generi e lanciano registi (John Woo, Ching Siu-tung). In entrambi i casi Tsui Hark mantiene una centralità demiurgica sui prodotti, che contengono inevitabilmente i segni della sua enorme personalità».
Seguono le analisi delle pellicole del festival bolognese, costituenti l'omaggio al regista: la centralità e la frammentazione dei punti di vista della macchina da presa, il montaggio caleidoscopico e l'uso massiccio del wire work nei primi due capitoli della serie Once Upon a Time in China; la fisicità brutale di The Blade; lo sperimentalismo e il fantastico entrambi applicati sia alla commedia, Love in the Time of Twilight, che al mélo, The Lovers; infine Green Snake e i suoi molteplici, arditi ed esplosivi mix: fantasy ed erotismo, effetti speciali all'avanguardia e altri di stampo tradizionale e povero, la spettacolarità unita ad «un discorso polemico sugli integralismi religiosi», il tutto sfociante «in un finale apocalittico di grande forza e pessimismo».
Ecco quindi svelata la quintessenza del cinema di Tsui Hark: «lo stupore».

Autore: AA.VV. (a cura di Giulietta Fara, Oscar Cosulich)
Casa Editrice: Pendragon
Anno: 2003
Prezzo: € 11
Pagine: 128
ISBN: 88-8342-253-8

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.