A Lamb in DespairNon basta certo tentare di rifarsi ai fasti del passato per giustificare l'immissione sul mercato di una nuova pellicola. Specialmente se poi i modelli sono gli scontati Categoria III e quello che si insegue è l'eccesso a tutti i costi. In un area di soglia come può essere l'exploitation, non è così semplice trovare la giusta misura o una formula che assicuri un minimo di coerenza al prodotto. Facile allora scivolare prepotentemente nel cattivo gusto o - il che è decisamente peggio - nell'inutilità.
Per essere chiari, A Lamb in Despair assomma su di sè una duplice colpa. La prima di carattere tecnico, la seconda di contenuti. Ma se si può passare oltre - o fare finta di niente - di fronte a una pochezza artigianale davvero preoccupante, più difficile è resistere alla visione di un lungometraggio che fa un uso tanto subdolo e insignificante delle tematiche trattate.
Soffermandoci sul male minore, ecco allora una regia piatta e monocorde che prende vita ad intermittenza, regalando guizzi della mdp quasi casuali - tanto per dare l'idea che ci sia qualcuno dietro l'obbiettivo e non si tratti solo di inquadrature fisse. Per non parlare delle scenografie e del design degli interni, che definire sciatti è ancora poco - come d'altronde ci ha abituati Tony Leung Hung-wah, paladino ormai dichiarato del no-budget. Beninteso, produrre un film con poche lire non è assolutamente un male, e anzi un proposito coraggioso, ma basta pensare a quello che - per non andare troppo lontani - riuscivano a fare un Mario Bava o persino un Lucio Fulci con possibilità di spesa irrisorie, per capire che qui quello che manca non è la vil pecunia ma le idee e il buon gusto. Una parentesi di sospensione del giudizio meritano gli attori, che si barcamenano dignitosamente nelle paludi della sceneggiatura con discreto mestiere, ma che non brillano certo per le doti interpretative. Persino il veterano Anthony Wong non si distingue affatto per l'impegno profuso.
Anche ignorando queste magagne, però, il discorso non cambia. A Lamb in Despair è un magma caotico di luoghi comuni e buoni sentimenti, tentativi di pugni allo stomaco e bassezze degradanti, comicità involontaria e discorsi pseudo-filosofici da brivido. Un minestrone altamente indigesto, insomma.
Ted Wu è un pericoloso assassino seriale di ritorno ad Hong Kong, dopo sette anni passati negli USA. In quella nazione ha commesso efferati crimini, ma la polizia locale non è riuscita a dimostrare la sua colpevolezza. Ci prova allora quella hongkongese, che lo bracca fin dal suo arrivo all'areoporto nella persona di Ming Kin Tak, un giovane poliziotto dai metodi decisamente spicci. Su Ted intanto si mobilita anche la stampa, nello specifico Charles, giornalista d'assalto, che con intenti etici continua a pubblicare articoli sul pericoloso criminale, rischiando così di risvegliare i suoi istinti omicidi. Il cast dei protagonisti è completato da due figure femminili. Un'amica di infanzia di Ted - che lo difendeva dai soprusi della madre e che ora lavora in una radio ed è fidanzata con un uomo d'affari sopra le righe - e un'assistente sociale che il nostro incontrerà per caso e con la quale riesce a parlare e confessarsi.
Si dovrebbe così trattare di un film a tema dai risvolti sociali (lo denuncia a piene lettere il finale, con quelle scritte davvero imbarazzanti che compaiono prima dei titoli di coda) contro il maltrattamento dei bambini. La storia dovrebbe infatti mostrare gli esiti deleteri che sulla mente del ragazzo hanno certe violenze, psicologiche e non - pretesto d'altronde sfruttato in decine di altri Categoria III per dare il via a carneficine di vario genere. Peccato che qui lo spunto sia presentato in maniera profondamente irritante, con un fare serioso decisamente fuori luogo, considerato poi il contesto generale, tanto da risultare supponente e vacuo al contempo. I discorsi psicotici di Anthony Wong (il giornalista) sui motivi per cui è giusto continuare a scrivere sul mostro, i dubbi dell'amica d'infanzia se sia il caso o meno di incontrare Ted, il comportamento ondivago del di lui padre e altre decine di involuzioni, contribuiscono a far collassare il film. Se poi riuscisse almeno lì dove poteva permettersi di più, sul versante grandguignolesco... eppure anche qui, inspiegabilmente, la pellicola si trattiene, tenta di far vedere ma non osa. Qualche coltellata, Ted che piscia in testa ad una persona e veramente poco altro non sono di certo sufficienti neanche per gli amanti delle emozioni forti.
Probabilmente un fallimento completo, senza mezzi termini.

Hong Kong, 1999
Regia: Tony Leung Hung-wah
Soggetto / Sceneggiatura: Tony Leung Hung-wah
Cast: Edward Mok, Anthony Wong, Sherming Yiu, Karen Tong, Simon Loui

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