Dr. LambDopo il grande successo di The Untold Story, Danny Lee tenta per la seconda volta il colpo vincente. Per Dr. Lamb - il titolo è una libera reinterpretazione di quello originale di Il silenzio degli innocenti, The Silence of the Lambs - trae ispirazione da una delle storie più agghiaccianti della cronaca nera recente di Hong Kong: gli omicidi brutali commessi da un tassista nei primi anni '80. Lam Gwo-wun, qui ribattezzato Lin Gwo-yu, ha ucciso almeno quattro donne, poi massacrate e fotografate. Catturato dalla polizia grazie alla denuncia del laboratorio fotografico dove portava a sviluppare i negativi delle sue imprese, Lin passa nelle mani dell'ispettore Lee e del suo braccio destro Bing, con un'unico scopo: farlo confessare, con qualsiasi mezzo necessario.
Come nel caso del film di Herman Yau, il Cat. III accenna vaghi propositi di denuncia sociale - si comporta peggio la polizia o il killer? -, ma è solo la facciata. Dietro, malcelata, c'è l'esigenza di mostrare al pubblico il peggio del peggio, la mente criminale di un maniaco folle, assassino, voyeur, necrofilo. Non bastano infatti né il flashback durante l'adolescenza di Lin né il difficile background familiare in cui è costretto a vivere a spiegare l'alienazione e la violenza che spingono l'uomo a colpire. E allora è chiaro l'intento di Lee, che si avvale della collaborazione in fase di regia dell'ancor più esperto Billy Tang: mettere in piazza, con la stessa rude enfasi sensazionalista di un giornalista scandalistico, sangue, nudità, situazioni macabre e momenti di estrema brutalità. Svolge il compito talmente bene da costringere i censori, solitamente restìi ad intervenire, a dire la loro, tanto che il film è stato, soprattutto nelle edizioni video, tagliato e oscurato (acusticamente) nelle scene più forti.
Rimane, anche nella versione accorciata, un bel pugno nello stomaco, per i soliti ineguagliabili inserti di umorismo nero e misoginia - un seno tagliato finisce nella concitazione sulla spalla di una donna poliziotto, costantemente presa in giro dai colleghi perché poco procace -, per l'uso del dettaglio grafico nelle sequenze scabrose - non a caso sono molto più indigeribili, rispetto agli inevitabili shock urlati, i particolari appena accennati: le foto della bambina molestata; il sangue e le frattaglie che schizzano nell'acquario e sui muri; gli occhi bendati dei cadaveri; la prostituta che vomita e collassa -, per la cura formale dell'opera, che si pregia, tra gli altri aspetti, di una splendida fotografia e di interpreti di primo piano (Simon Yam, ghignante, è particolarmente convincente). Non stupiscono allora gli incassi, il polverone volutamente sollevato e il ritornare ciclico sugli stessi argomenti (un titolo per tutti, Diary of a Serial Killer di Otto Chan, che di Dr. Lamb è quasi un omaggio) del cinema, mainstream e di serie b, indistintamente, nella prima metà degli anni '90.

Hong Kong, 1992
Regia: Danny Lee, Billy Tang
Soggetto / Sceneggiatura: Law Gam Fai
Cast: Simon Yam, Danny Lee, Kent Cheng, Parkman Wong, Eric Kei

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