Explosive CityUn membro del governo cinese sta tenendo un discorso all'aeroporto di Macao, sotto la protezione della polizia locale e la supervisione dell'ufficiale Cheung. Jade, un'assassina infiltrata tra la stampa, esplode dei colpi di pistola contro il politico, ferendolo. Inseguita dalle guardie, è costretta a fuggire per i tetti: cade in malo modo, ferendosi alla testa, e al suo risveglio alla centrale di polizia non ricorda nulla. Cheung incarica delle indagini la squadra di Yiu Tin-ming, il quale scopre a sue spese come dietro le apparenze si nasconda un piano ben più complesso.
Sam Leong non inventa nulla di nuovo, piuttosto amalgama gli elementi a disposizione (un'assassina che perde la memoria, uno spietato boss che rapisce i bambini e li trasforma in killer, un poliziotto costretto ad agire contro i compagni, un infiltrato che fa il doppio gioco) in una successione senza tregua di eventi, tenuti insieme dal frenetico ribaltamento dei fronti, dalla prova convincente degli attori (al di là di Sonny Chiba, che si limita a gigioneggiare, Simon Yam è un volto perennemente sornion-indecifrabile, Alex Fong una maschera di rabbia trattenuta), e dall'esperienza prosaica del regista, che si serve di un montaggio deciso e di rapidi movimenti di macchina per incastrare la narrazione in un'architettura sobria e funzionale. Certo, tra gli altri, tornano alla mente il Black Cat di Stephen Shin (per la scena iniziale) e soprattutto On the Run, di Alfred Cheung (1988), in cui c'era l'identica convivenza forzata tra killer e poliziotto; eppure, malgrado questo, Sam Leong riesce a costruire un'atmosfera di urgenza che garantisce al suo film un'identità propria.
Purtroppo la tensione si sfalda in vista del finale, tirato via, approssimativo, tanto da rischiare di far collassare l'intera struttura: scene gratuite e deus-ex-machina pretestuosi fanno storcere il naso, interrompendo l'idillio. Explosive City fallisce così al confronto di pellicole più ricercate (l'elegante Jiang Hu, il forsennato Breaking News, il disperato One Nite in Mongkok o lo struggente Love Battlefield) o corpose (New Police Story, ammantato dall'aura di Jackie Chan), ma conferma Sam Leong quale regista interessante, che con una manciata di pellicole è stato in grado di ritagliarsi uno spazio poetico proprio, riconoscibile pur se di poche pretese (dalla frustrazione di Maniacal Night allo sfacciato humor nero di The Stewardess, senza dimenticare l'action Color of Pain, sorta di prova generale dell'ultima fatica) - pur rimanendo all'interno del cinema di genere. A cavallo tra Hong Kong e Giappone, dal quale sembra irresistibilmente attratto (tanto che ha diretto il terzo episodio della serie Perfect Education), Leong appare il nuovo paladino di quel cinema-medio che nel passato ha consentito all'industria hongkonghese di imporsi e conquistare i cinefili di tutto il mondo: voglia di stupire e di ammaliare - a qualsiasi costo, poco importa delle sbavature.

Hong Kong, 2004
Regia: Sam Leong
Soggetto / Sceneggiatura: Paul Chung, Sam Leong
Cast: Alex Fong, Simon Yam, Shirata Hisako, Sonny Chiba, Samuel Pang

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