God of Gamblers IIPer sfruttare l'inatteso successo al box office di All for the Winners Wong Jing si inventa un doppio sequel parodico, che parte dal film di Jeff Lau e Corey Yeun, di cui riprende il personaggio protagonista e il mattatore assoluto, Stephen Chiau - con cui il regista, dopo questa prima collaborazione, continuerà proficuamente a lavorare -, e lo mescola con l'originale God of Gamblers, da cui derivano le storie legate ai personaggi di Andy Lau e Charles Heung (e del kuwaitiano caduto in rovina che si improvvisa, a sorpresa e con grande effetto comico, mentore morale in un momento disperato). Abbandonate quasi del tutto le parentesi d'azione - fanno capolino giusto all'inizio e alla fine, per pepare il preparato -, Wong affida a Chiau (e alla sua spalla storica Ng Man Tat) la vera leadership, affiancandogli l'ego di Lau, evidentemente a disagio nei momenti più farseschi e demenziali. Intreccio di situazioni, di citazioni, di referenti (non sempre) illustri - deliziose le sequenze oniriche dal primo Swordsman e da A Terra-Cotta Warrior; impertinente il rimando a Bruce Lee a base di sturalavandini -, di gag caoticamente assemblate, l'opera vede all'opera i soliti inossidabili super giocatori d'azzardo. Da un lato il knight of gamblers Little Dragon, discepolo ufficiale dell'unico god of gamblers Ko Chun, aiutato dal saint of gamblers Sing, desideroso di raffinare la sua tecnica e dotato di incredibile poteri soprannaturali (è in grado di cambiare le carte in tavola, possiede una vista a raggi x e può ipnotizzare chiunque); dall'altro il pericoloso figlioccio del beast of gamblers sconfitto e incarcerato a suo tempo da Ko Chun: lo scontro finale, come un match di boxe, è teso a rendere (ma solo apparentemente, c'è una clausola inoppugnabile) ricco il vincitore e a riunificare i titoli in una sola persona, l'unica degna della corona. Di mezzo i trucchi scorretti del villain: rapimenti, estorsioni, tentativi d'omicidio (e di stupro), furti e tante scorrettezze al tavolo verde.
Più divertente del modesto prototipo ma meno riuscito della parodia di Lau e Yuen - i quali conoscono meglio di Wong i ritmi della commedia d'azione scatenata e cialtronesca e non si limitano a lunghi primi piani di carte e dadi: tutto sommatto meglio la sceneggiatura della regia, dai guizzi troppo prevedibili, improvvisazioni melodrammatiche comprese -, God of Gamblers II incorona definitivamente il moleitau di Chiau, unico possibile erede di Michael Hui. Solo più stralunato e stupido: i suoi personaggi sono meteore dementi che vivono in un universo parallelo, meschini nel cercare di approfittare delle buone occasioni ma tutto sommato generosi quando si tratta di valori importanti. Se anche qualcosa si perde tra sottotitoli e attualità (televisiva e socio-culturale), la maggior parte delle gag, in particolar modo quelle a sfondo scatologico-volgare e/o fisico-corporale, funziona a meraviglia. I personaggi femminili di puro contorno (Cheung Man, la novella Miss Hong Kong Monica Chan, poliziotta tutta d'un pezzo come nei women with guns), alcune brevi apparizioni speciali (Chow Yun Fat, non presente fisicamente, recuperato con inserti dal vecchio film; lo stesso Wong Jing, che non fa complimenti nell'insultarsi; il succitato ex ricco medio-orientale) e la colonna sonora pomposa dell'ineffabile Lowell Lo completano il discorso autoreferenziale. Seguiranno due cloni autorizzati (uno dei quali, God of Gamblers 3: The Early Stage è in realtà un prequel) e diverse altre imitazioni - come i due The Saint of the Gamblers -, il più delle volte patrocinate dallo stesso Wong Jing, non ufficiali.

Hong Kong, 1990
Regia: Wong Jing
Soggetto / Sceneggiatura: Wong Jing
Cast: Stephen Chiau, Andy Lau, Ng Man Tat, Monica Chan, Cheung Man

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