Haunted OfficeL'operazione Haunted Office ricorda quella dietro al precedente Till Death Do Us Laugh, anche se in chiave meno comica: tre registi alla prese con tre diversi episodi, tutti ambientati nello stesso edificio maledetto. Marco Mak, lo sceneggiatore Not a Woman - di cui rimane un mistero l'identità - e Bowie Lau si danno il cambio in una breve staffetta dove si intersecano brivido e atmosfere surreali. L'uscita durante il lasso di tempo tra il Ghost Festival e il nuovo anno lunare avrebbe dovuto aiutare il film a incassare qualcosa in più. Il cast più che dignitoso anche. Non tutto è filato liscio.
Doverosa una premessa: la leggenda con cui si apre la pellicola, secondo cui ogni anno nel periodo succitato, nell'edificio in questione, dove hanno sede diversi uffici commerciali, regolarmente compare una donna spettro interamente vestita di bianco che miete nove vittime prima di riaddormentarsi. Primo episodio con un'unica protagonista, Pat, impiegata promossa ma costretta a estenuanti turni di notte. Il bagno delle signore nasconde qualcosa, e due suicidi sembrano collegati proprio alla toilette. Il secondo episodio vede un avaro imprenditore alle prese con i suoi dipendenti, stranamente solerti e efficenti, ma la cosa strana è che dovrebbero essere tutti morti in un incidente stradale. Terzo episodio all'insegna di una possibile love story tra il progettista di videogiochi Ken e l'impiegata Shan. Ma lei vede la gente morta e un fantasma femminile in particolare sembra averla nel mirino.
La struttura antologica è classica del cinema fantastico cinese - non mancano citazioni da Visible Secret e Troublesome Night, e i temi sono tutti orientali: il sifu, lo spettro femminile (attenzione al colore dei vestiti!) che torna perché vuole reincarnarsi -, nella circostanza funziona bene grazie a segmenti che si sfiorano senza però influenzarsi troppo. Con i pochi soldi del budget - da cui l'idea di usare un'unica location e di ridurre al minimo gli effetti speciali - interamente devoluti per mettere insieme un cast all'altezza - operazione perfettamente riuscita: brava Karen Mok, inquieta(nte) Shu Qi, sempre simpatico Jordan Chan -, la confezione deve accontentarsi del mestiere e dell'esperienza dei tre registi. L'ottima fotografia si sposa a una direzione vezzosa, a tratti nevrastenica, sicuramente creativa, con eccessi videoclippari e scatti ottici sostenuti da effetti sonori improvvisi (molto simili a quelli con cui Jaime Balaguerò ha infarcito The Nameless). Dei tre frammenti uno solo è ironico: il paralellismo, continuo, con la situazione economica preoccupante non è un caso. Il paragone ufficio = inferno farà sorridere, ma il discorso, che può essere inserito in un contesto più ampio di insicurezze e dubbi economici sul futuro prossimo, non è banale. Una curiosità: la casa dell'episodio con Jordan Chan è la stessa vista in Horror Hotline... Big Head Monster.

Hong Kong, 2002
Regia: Marco Mak, Bowie Lau, Not a Woman
Soggetto / Sceneggiatura: Not a Woman
Cast: Karen Mok, Jordan Chan, Stephen Fung, Shu Qi, David Lee

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