Heroes of SungL'imperatore e suo padre sono tenuti prigionieri nell'accampamento nemico: due guerrieri fedeli alla dinastia Sung, Meng e Jing, una volta riusciti a raggiungerli, giurano che consegneranno i due sigilli imperiali - quello paterno, che permette di controllare l'esercito, e quello regale, che identifica l'imperatore - al principe Kang, fratello minore dell'imperatore. I due anziani spadaccini, pur feriti, riescono a fuggire. Jing fa ritorno alla sua scuola, dove l'attendono tre discepoli; il saggio guerriero consegnerà una copia falsa del sigillo al suo studente maggiore, Tian-hu, esperto ma troppo impulsivo, e quello vero al secondo, Tian-long, più calmo e riflessivo. Meng, tornato a casa, sarà costretto a dare l'altro sigillo a Hong-erh, sua figlia. Mentre la Fengyun Hall, guidata dal letale Wuanyan He, trama per impossessarsi dei simboli del potere, i tre giovani si incontreranno, mettendosi in viaggio alla volta del principe. I problemi sorgono quando Tian-hu, irretito dagli ammiccamenti di una donna, pare voltar loro faccia e consegnare il sigillo (che crede vero) a Wanyan He.
Senza troppe pretese, il film scritto e diretto da Shen Chiang (San Kong), mira a intrattenere con una sana dose di azione e violenza (senza dimenticare l'incidentale apparizione di seni paffuti vagamente gratuiti). Su questo versante non ci si può lamentare troppo: la trama ridotta all'osso permette un buon dispiegamento di duelli, in prevalenza corali, con stormi di nemici che assediano i tre eroi. Le coreografie sono ariose e ben montate, spunto per armi e stili di combattimento tra i più improbabili: dalla catena con rampino a forma di mano del cattivo alle doppie spade a incastro di Hong-erh, dall'inutilissimo stile delle mani giunte dei due discepoli fino alla spassosissima sedia a rotelle in legno (con tanto di missili-dardi) sulla quale è costretto Jing. Non mancano, a coronamento, fontane di sangue assortite e persino uno squartamento longitudinale completo, da capo a piedi! Per il resto, più seriamente, Heroes of Sung pecca di tenacia e prospettive, come non credesse troppo nel risultato finale. La regia è più monotona che sobria, mentre scenografie, dialoghi e intreccio (schematico oltre ogni dire) sono tutti sotto i livelli di guardia. La macchina da presa è statica, se non per alcuni guizzi tremolanti e casuali che fanno guadagnare alla pellicola un fremito di modernità. Resta un pugno di attori facilmente dimenticabile, esclusi il tenebroso Lo Lieh, i cui dissidi interiori sono ben visibili nella perenne espressione corruciata, e Si Si (Shih Szu), eterea quanto letale, che con un po' più di fortuna avrebbe potuto prendere il posto, e la notorietà, di Chang Pei Pei, incontrata sul set di The Lady Hermit (Ho Meng Hua, 1971).

Hong Kong, 1973
Regia: Shen Chiang
Soggetto / Sceneggiatura: Shen Chiang
Cast: Lo Lieh, Si Si, Cheung Poi San, Fong Min, Tong Tin Hei

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