Hong Kong NocturneTre sorelle che amano lo spettacolo - cantano e ballano molto bene - lavorano come assistenti per il padre prestigiatore, e ben presto gli rubano la scena. Le liti familiari portano le tre donne a separarsi e a provare ognuna una strada differente: Tsui Tsui vola in Giappone per sfondare nel mondo del cinema; Ting Ting vuole applicarsi per diventare ballerina classica; Chen Chen si unisce al marito compositore per provare l'avventura televisiva. Non mancheranno delusioni, sogni infranti, desideri realizzati, piccole rivincite con tanti buoni sentimenti a fare da collante.
Se la forma è tipicamente hollywoodiana, con quei tocchi raffinati e esotici che il regista giapponese1 provvede a smistare, il contenuto è tipicamente orientale. Le tre parentesi sono semplici wenyipian ricchi di chaqu, ovverosia melodrammi sentimentali con frequenti digressioni musicali, più o meno allegre, a seconda del momento. Il finale amaro rappresenta bene la disillusione delle tre protagoniste - il tema portante è che sugli uomini non si può fare affidamento - e canalizza in un sol colpo la tensione emotiva sin lì accumulata. Quello delle Sing-Song Girls - traslitterazione onomatopeica di un termine del dialetto di Shanghai, xiansheng (letteralmente: gentiluomo) - è un genere a sé stante, con regole e personaggi predefiniti. Non differisce Hong Kong Nocturne, che lancia tre dive, Cheng Pei Pei (ballerina per davvero), la seducente Lily Ho (cui spettano le scene provocanti: si veda il bagno nell'ostrica con un velo trasparente a coprirne le grazie) e l'innocente Ching Ping. E' tipica del cinema mandarino la latitanza di personaggi maschili di rilievo - il padre approfittatore; il maestro scorbutico: anche se poi si ravvedono non hanno valenza positiva -, tanto che c'è spazio a malapena per il divo Peter Chen, che si ripropone nello stesso identico ruolo, con meno minuti a disposizione, di Till the End of Time, dell'anno prima. La trama è scontata, con tutti gli stereotipi possibili, ma i numeri ballati e cantati sono una gioia per gli occhi; merito delle coreografie e della grazia delle tre primedonne. La fotografia, le splendide musiche, le scenografie e i costumi aumentano il coinvolgimento e accompagnano lo spettatore attraverso gli alti e i bassi sentimentali.

Note:
1. Inoue Umetsugu, al debutto a Hong Kong, accettò la chiamata degli Shaw Brothers (allettati dalla fama dei registi giapponesi, conosciuti per la professionalità e per la puntualità: saranno ripagati da ottimi incassi) in un momento di crisi del mercato giapponese. Aveva dato buona prova del suo valore girando film di successo per la Toho e per altre major.

Hong Kong, 1967
Regia: Inoue Umetsugu
Soggetto / Sceneggiatura: Inoue Umetsugu
Cast: Cheng Pei Pei, Lily Ho, Chin Ping, Peter Chen, Ling Yun

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