Infernal Affairs IIConfortati dallo straordinario successo di Infernal Affairs, Andrew Lau e Alan Mak tornano subito sul luogo del delitto, portando indietro le lancette dell'orologio per un prequel ancora più ambizioso, e costoso, dell'originale. Per mescolare le carte del mazzo, i due aggiungono personaggi - mettendo insieme un cast di incredibile richiamo -, cambiano con coerenza la psicologia di quelli già esistenti, permettendo loro un'evoluzione graduale, tra ammiccamenti autocelebrativi e affettuosi segni di apprezzamento del proprio lavoro. Entrano in scena i precedenti capi, un poliziotto duro e puro e un mafioso potentissimo, nettamente al di sopra delle parti. Entra in scena anche l'appassionata donna dell'ancora piccolo boss Sam. Tornano i giovani infiltrati, uno nella polizia, l'altro tra le triadi, e tornano i loro diretti superiori, costretti a giocare sporco per affrontarsi ad armi pari in una guerra di nervi e pistole.
La saga - è già pronto il terzo e definitivo episodio della serie - che continua con questo Infernal Affairs II dimostra agli scettici che il talento - discontinuo e pericolosamente appannato nell'ultimo lustro - di Andrew Lau non è solo marketing e digitale (gestito per l'ennesima volto male: si vedano le fiamme che ridicolmente avvolgono un malavitoso) ma reale possibilità di riportare in auge il bel noir di una volta, coniugando spettacolo aperto a tutti i palati e esigenze commerciali. Confezione scintillante, a tratti patinata, stilisticamente quasi perfetta: in un contorno tecnico di altissimo livello, tra illustri guest star e i migliori professionisti sulla piazza, solo la colonna sonora eccessivamente pomposa, invasiva, non soddisfa le aspettative. Lode alla sceneggiatura, cesellata con intelligenza: l'affresco ancora più corale è ben calibrato, teso, ricco (gran parte dei quesiti e dei punti in sospeso del prototipo trovano logica spiegazione), denso di umori e colpi di scena, senza eccessive sbavature nonostante un paio di evidenti scivoloni nella retorica del poliziesco di routine. I continui riferimenti al tempo - che passa, che non torna indietro, che cambia le persone - non sono un'azzardo: anche a livello intertestuale, visto che i vecchi leoni, cui si devono le parti migliori, si mangiano la scena con incredibile sfoggio di autorità e competenza. Se in origine il prequel doveva essere campo di battaglia per Edison Chen e Shawn Yue, alla fine sono il misurato Anthony Wong, il machiavellico Eric Tsang, il temibile Francis Ng e la splendida Carina Lau a condurre la danza. Dal punto di vista dell'immagine e del battage pubblicitario è senza mezzi termini la tardiva risposta alla trilogia de Il padrino: il discorso dal piglio nostalgico circa triadi (entità autorevole che vive di tradimenti, sotterfugi, finezze e crudeltà) e handover coinvolgono lo spettatore medio, che non affollava il cinema da parecchi anni, convinto di assistere in prima persona a qualcosa di importante.

Hong Kong, 2003
Regia: Andrew Lau, Alan Mak
Soggetto / Sceneggiatura: Alan Mak, Felix Chong
Cast: Anthony Wong, Francis Ng, Carina Lau, Eric Tsang, Edison Chen

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