Magic KitchenEvoluzioni e involuzioni di uno degli scrittori / registi di punta della fenice produttiva U.F.O. (He ain't Heavy, He's My Father!, Tom, Dick and Hairy, Dr. Mack). Lee Chi-ngai sfrutta un racconto culinario di Lam Wing-sum per tornare a indagare geometrie sentimentali antiche: il problema è una messa in scena svogliata (o solo prona ai trend imperanti di carineria coatta) e il deragliamento verso la patinatura meno costruttiva. Yau è una cuoca senza qualità che basa tutto il suo successo sui diari di ricette della madre. Con l'aiuto del giovane Ho, ha di recente aperto un ristorante casalingo, frequentato dagli amici di sempre, in particolare la mangiauomini May e la solare Kwai. I problemi sorgono quando, in trasferta giapponese per decidere se partecipare a un famoso programma televisivo, rincontra la vecchia fiamma Chun Yao, con il quale ebbe una cataclismatica relazione. Tornare a far sanguinare una ferita non ancora completamente rimarginata, o gettarsi nelle dolci cure dell'infatuato Ho? Questo il dilemma, e per risolverlo ci sarà da meditare... e cucinare.
Magic Kitchen ottempera a tutte le necessità di una commedia sentimentale impreziosita da grandi star - una sceneggiatura scorrevole, qualche sorriso e l'intrecciarsi tempestoso, ma senza sorprese, delle relazioni - eppure lesina sul versante emotivo; tutti gli spunti interessanti pendono dal lato intellettuale (i flashback su papà e mamma, la bislacca maledizione, il pre-finale nel ristorante giapponese, con la solita storiella di rana e scorpione), e fanno capolino solo sporadicamente, quasi a non voler disturbare la sonnolenza di fondo - con l'aggravante di un inutile voce narrante che non riesce a dire nulla di nuovo. Ben costruiti i personaggi, a volte buffi, a volte semplicemente soli, anche se qualche cedimento si ha nella recitazione. Sammi Cheng è briosa solo a tratti, per il resto sembra rintronata dagli odori della cucina (non sembra molto a suo agio tra i fornelli, forse per paura di sporcare gli abiti, sempre chic e ultracurati); a Andy Lau è concesso poco spazio, e non fa altro che smorfieggiare; il grande lancio nell'olimpo filmico per Jerry Yan (modello taiwanese, cantante degli F4 e star della serie Meteor Garden) è rimandato a data da destinarsi, almeno fino a quando la smetterà di andare in giro con un asciugamano in testa. Oculatamente gustosi - al contrario - i numerosi cammeo, forse la parte migliore: dallo sceneggiatore olfattivo Anthony Wong al teologico scrutare di Stephen Fung, fino ai silenziosi viaggi notturni con Daniel Wu.
Un film che gioca a essere una grande produzione, curato e tirato a lucido, mentre gli avrebbe giovato restare piccolo e introverso, come si intuisce sarebbe potuto essere, tra le pieghe della magniloquenza da pellicola del nuovo anno lunare.

Hong Kong, 2004
Regia: Lee Chi-ngai
Soggetto / Sceneggiatura: Lee Chi-ngai, Lam Wing-sum
Cast: Sammi Cheng, Jerry Yan, Andy Lau, Maggie Q, Nicola Cheung

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