Naked WeaponSiamo seri, suvvia: con tutta la simpatia possibile nei confronti di Wong Jing e con tutto l'affetto immaginabile per i trascorsi di Ching Siu-tung, è francamente difficile stare comodamente seduti a seguire lo spettacolo propinatoci da Naked Weapon senza provare continui brividi di disagio (e disgusto). Perché va bene cercare di inseguire il mercato statunitense, va bene sorbirsi un film hongkonghese per tre quarti parlato in inglese - sarebbe il meno, visto che la maggioranza del cast è American Born Chinese - e questo nonostante l'improponibile pronuncia delle comparse caucasiche, va bene persino che si tenti di riesumare l'insulso e misogino sottogenere delle donne con pistola, ma se accettare significa subire un tale coacervo di inconcludente demenza, allora preferisco uscire di casa e andare a noleggiarmi l'ultimo straight to video d'azione prodotto in Germania.
Da qualsiasi parte si cerchi di guardare la trama, non si trovano che buchi contornati di nulla; non che si debba essere per la verosimiglianza a tutti i costi (anzi!, spesso combina più danni che altro), ma guardiamo ai fatti: una letale killer in gonnella (argentata), viene freddata subito dopo aver completato la missione. Per Madame M, misteriosa agente che gestisce una banda di assassine, è una bella gatta da pelare: non trova altro che comprarsi un'isola deserta, installarci un esercito privato, rapire una trentina di ragazzine tra i dodici e tredici anni - esperte ginnaste o combattenti - e allenarle per sei (!!!) anni. Le costringerà a uccidersi tra loro, perché finalmente spunti fuori la sostituta; senonché all'ultimo s'impietosisce e risparmia le tre sopravvissute - Charlene, Katherine (amiche inseparabili) e Jing, spietata e fredda. A questo punto - gli omicidi in giro per il mondo sono riniziati - torna in campo Jack, l'imbambolato agente CIA che aveva assistito alla morte della prima assassina: riesce a rintracciare la madre di Charlene e proprio in quel momento lei si fa viva. Piuttosto che arrestarla, decide di innamorarsene - e il tutto avviene all'interno di un furgoncino frigorifero di una nota ditta di gelati, in un impeto di romanticismo degno della pubblicità più turpe.
Non avrebbe molto senso continuare - gli escamotage squallidi si susseguono a ritmo continuo, basti la trovata del dardo afrodisiaco usato come arma (non si comprende bene a quale scopo, se non permettere di far sciogliere Charlene tra le braccia di Jack) - a parte che per fomentare qualche imbarazzata risata di circostanza. Wong Jing inanella la gamma completa delle sue bassezze, ma senza il coraggio di completare l'affondo: c'è l'omicidio a sangue freddo di una bambina, ma fuori campo; c'è la scena di stupro, ma assomiglia a una sessione di foto per una pubblicità di profumi; c'è il sesso stile vorrei ma non posso di un qualsiasi show televisivo preserale (per questo ancora più volgare); c'è infine la violenza, ma tanto patinata da risultare insipida. Ching Siu-tung (naturalmente anche coreografo) si barcamena come può con attori digiuni di arti marziali: montaggio veloce a colmare le lacune, pose stilizzate a sostituire la plasticità dei corpi e tanta buona volontà sprecata in esiti da coolness coatta: l'unico risultato sono balletti sì gustosi, ma troppo brevi per soddisfare gli abitudinari del genere. E non è neanche da dire che la colpa ultima dello sfracello sia imputabile agli attori totalmente incapaci: certo Daniel Wu conferma di essere un bambolotto gonfiabile senza alcuna speranza - ma la cospicua rappresentanza femminile, del tutto inaspettatamente, si sforza perlomeno di abbozzare qualche emozione (è già qualcosa, considerato il background da modelle delle giovinette).
Parrebbe un disastro, ma probabilmente è peggio - considerato l'alto budget impiegato e le speranze riposte nel progetto (rivelatosi fortunatamente un flop, a Hong Kong).

Hong Kong, 2002
Regia: Ching Siu-tung
Soggetto / Sceneggiatura: Wong Jing
Cast: Maggie Q, Anya, Almen Wong, Daniel Wu, Cheng Pei Pei

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