NomadAl terzo film Patrick Tam conferma di essere l'unico vero autore (o stilista, secondo l'accezione tipicamente europea) emerso con la New Wave. L'unico, quantomeno, a preferire la immagini e la visuale alla sostanza. Nonostante uno sguardo estetizzante e complesso, Nomad, prodotto da Jeff Lau e Dennis Yu, dramma sui giovani perduti nella Hong Kong dei primi anni ottanta, non è un esperimento privo di contenuti. Con un occhio a Godard, uno al cinema giapponese e uno, socchiuso, alle commedie amare di Clifford Choi, Tam dipinge lo spleen esistenziale di quattro giovani conoscenti, tra perplessità post-adolescenziali e mode momentanee. Tutti adorano il Giappone, ma sembra più un passatempo per scacciare la noia che vero interesse: il quotidiano scivola lentamente, tra erotismo e nichilismo, tra imbarazzi e ossessioni. Una delle due ragazze del gruppo frequenta un ex soldato nipponico, braccato dopo aver disertato da una cellula terrorista dell'Armata Rossa: un'amicizia pericolosa che porta il gruppo al massacro (in uno strano finale con spade e duelli sanguinolenti).
Le immagini di grandissimo impatto sembrano l'unico interesse di Tam, che riesce a mettere in scena l'incomunicabilità di un gruppo di sbandati e ne dipinge le derive con colori forti, secchi, asciutti. Mille influenze amalgate garantiscono uno stile personale, che sarà copiato e riconosciuto solo dopo la codifica ad opera dell'allievo Wong Kar-wai: le prime avvisaglie di step-framing, ralenti silenziosi, fotografia sporca da documentario e giochi di monocromia insistita ci sono già tutte, adoperate con una convinzione che non ammette repliche. E' un film che si odia o si ama, ma non si può non riconoscerne l'estrema originalità. I giovanissimi protagonisti, molti dei quali al debutto (le splendide Cecilia Yip e Pat Ha mettono in ombra Leslie Cheung e un ottimo Ken Tong), immortalati come icone a se stanti, rappresentano l'unica vera possibile generazione x hongkonghese. Realizzazione di altissimo livello: la regia, inutile sottolinearlo, domina la scena, ben coadiuvata dalla fotografia (di Bill Wong, Peter Ngor e David Chung), dalla direzione artistica (di William Cheung e Jon Hau) e dallo score dolcissimo (di Violet Lam, che mescola musica classica e David Bowie, Beethoven e canto-pop). Le scene di nudo e la cruda violenza fecero scalpore e garantirono il massimo divieto, anche se oggi in home video circolano solo versioni accorciate. Tantissime nomination all'Hong Kong Film Award del 1982 ma nessun premio, battuto in tutte le categorie da un altro capolavoro, Boat People di Ann Hui.

Hong Kong, 1982
Regia: Patrick Tam
Soggetto / Sceneggiatura: Yau Gong Kin, Gam Bing Hing, Joyce Chan, John Chan, Patrick Tam, Eddie Fong
Cast: Leslie Cheung, Cecilia Yip, Pat Ha, Ken Tong, Stuart Ong

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