Sleepwalker

Affetta da incubi di una verosimiglianza quasi palpabile, Yi (Angelica Lee) pare persa nei suoi fantasmi, consapevole di nascondere qualche orribile segreto ma senza essere in grado di ricostruirne la natura. Il suo destino si incrocia con quello di Au (Huo Si Yan), poliziotta fermamente intenzionata a ritrovare Tak, il figlio della cugina Peggy (Charlie Young), ormai scomparso da diverso tempo.

Seguire le gesta dei fratelli Pang - HKX ne denunciava il bluff in tempi non sospetti - è divenuto un esercizio di mero completismo più che una reale speranza di piacevoli sorprese. Sleepwalker non fa eccezione, o forse sì, visto che in un certo senso si candida al ruolo di nadir della produzione dei due sino-tailandesi (benché qui sia solo Oxide a firmare la regia, come per la saga di The Detective con Aaron Kwok). L'intento che traspare dalla scelta del cast è evidente: capitalizzare ancora su The Eye e sull'irripetibile successo di una formula divenuta cliché in un battibaleno. Ma con tutti i suoi dubbi e difetti, quel modello appare lontanissimo e a nulla serve la presenza - ancorché intensa - di Angelica Lee, moglie del regista e musa ispiratrice per la figura femminile della protagonista disturbata, angosciata da apparizioni o strani eventi il più delle volte premonitori.

Una maledizione che questa volta si aggiunge a un'improbabile accoppiata tra tinta rossa e acconciatura, tale da far propendere, per larghi tratti del film, per l'ipotesi che Yi sia effettivamente pazza e capace di commettere ogni tipo di misfatto. Andamento prevedibile, come un sentiero battuto troppo spesso, con l'aggravante di sfociare in citazionismi di bassa lega; da se stessi, innanzitutto, ma pure dal vecchio Hitch, con tanto di sangue nella doccia, in quella che Serge Daney definirebbe un'inquadratura "proibita". L'intreccio sembra ricordare The Eye, ma rivela man mano una natura più simile a The Detective, in cui la bilancia tra detective story e soprannaturale pende nettamente in favore della prima. Scelta compiuta forse da Pang per non tornare su terreni già visitati troppo spesso, ma che finisce per far arenare il film tra il non detto e l'appena accennato, appiattendosi su un plot privo di ispirazione dai colpi di scena perlopiù innocui. Ellissi sul soprannaturale e prolissità sull'indagine, che non è neanche possibile definire un whodunit, visto che è impossibile anche per il meno smaliziato non intuire l'identità del colpevole; nella sarabanda di tentativi di cambiare marcia fa capolino persino l'ipnosi, giusto per passare in rassegna tutti gli arnesi più arrugginiti del mestiere, con esiti prevedibilmente e adeguatamente insulsi.

Meno che mai si salva il 3D, giustapposto, pretestuosissimo e sostanzialmente confinato a un incidente di moto appositamente inserito nella sceneggiatura, con tanto di pistone digitale sparato verso la soggettiva; gli occhialini si possono indossare lì e in una (involontariamente) esilarante immagine di Yee immersa tra nuvole CGI, con buona pace di chi ha speso i soldi dell'esoso biglietto, magari sperando - quantomeno - nelle visioni dell'ingenuamente spettacolare The Child's Eye. Menzione di dubbio onore per il peggior macguffin di sempre e per Kent Cheng, uno degli immortali volti del sottobosco attoriale di Hong Kong, che qui si ritaglia la sola caratterizzazione decente di un film che è indulgente anche definire sbagliato. Sempre più arduo pensare che i Pang Brothers possano riacquistare una forma anche minima di credibilità.

 

Hong Kong, 2011
Regia: Oxide Pang.
Soggetto/Sceneggiatura: Oxide Pang, Wu Mengzang, Pak-Sing Pang.
Cast: Angelica Lee, Huo Siyan, Charlie Young, Li Zong-Han.

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