Swordsman and EnchantressXu Ruzi, re delle spade, ha terminato la costruzione del suo capolavoro, la Deer Cutting Blade, frutto del lavoro di una vita. Ormai anziano, decide di darla in custodia a uno dei due più stimati spadaccini del tempo, Lian Cheng-bi; l'altro, Xiao, non vanta infatti altrettanto nobili origini. Il problema è che durante il trasporto la spada viene rubata da una ragazza travestita da uomo che si finge proprio Xiao. E' l'inizio di un inseguimento affannoso che vede cambi continui di schieramento, prodromo di macchinazioni ben più tremende.
Il tema attorno a cui ruotano i wuxiapian di Chor Yuen, in maggior parte tratti da Ku Lung, è sempre lo stesso: la perenne lotta per emergere all'interno del mondo delle arti marziali - un mondo a parte con regole sue proprie, guidato più dagli intrighi e dai doppi giochi che dall'onore e dalla lealtà. Un mondo intrinsecamente spietato, dal quale però è impossibile sfuggire, anche volendo. La grandezza di Chor Yuen sta tutta nella capacità strabiliante di scomporre questi identici elementi in sempre nuove, folgoranti rappresentazioni. Nella sua sterminata produzione, in particolare nella simbiosi con Ku Lung, ci sono ovviamente alti e bassi, pellicole deludenti, persino brutte, ma in cui permane una capacità affascinante di riplasmare la storia, destrutturandola in sfaccettature impensate. Un percorso irto di scarti, iperbolico quanto avventato, che ha la capacità di snudare i rimandi, i richiami - alla tradizione, alla filosofia, al sentire - non riducendoli, ma piuttosto amplificandoli dietro trame (all'apparenza) intricatissime. Un discorso non dissonante (o, peggio, incomprensibile) grazie all'abilità nel ricomporre i fiumi dilaganti della narrazione in finali esplosivi, che giocano direttamente con lo spettatore - e con le storie. Lo si vede bene proprio in Swordsman and Enchantress, dove tutta la seconda parte è un delirio tra il sogno e il metacinematografico, in cui la parabola del jiang hu come campo di battaglia anarchico e incontrollabile è portata alle estreme conseguenze. I cavalieri erranti non sono che burattini nelle mani del fato, costretti a combattere senza posa tra loro, ad inseguire miraggi e speranze chimeriche, in un vacuo tentativo di attestarsi al vertice, nient'altro che un illusione di reclusione e solitudine, in attesa della morte (violenta).
Perfetto Ti Lung, con tanto di barba incolta, sguardo trattenuto e lancia piumata. Sul versante femminile sovrasta sulle ben più blasonate Cheng Lee e Lily Li (protagonista di continui ammiccamenti) la simpatica Candy Wen, un ciclone di anticonvenzionalismo al servizio del destino.

Hong Kong, 1978
Regia: Chor Yuen
Soggetto / Sceneggiatura: Chun Yue
Cast: Ti Lung, Lau Wing, Cheng Lee, Candy Wen, Lily Li

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