The Detective 2Se nel 2007 The Detective aveva dimostrato non senza sagacia la possibilità di combinare il folklore noir di paesaggi urbani meno frequentati quale il caos di Bangkok con i cliché dell’hardboiled e del thriller, era inevitabile che il sistema ne proponesse una replica. Affidata alle stesse mani del prototipo, tanto che The Detective 2, diretto da Oxide Pang, che con Pang Pak-sing è artefice anche del trattamento narrativo, del primo titolo non è semplicemente un sequel ma al tempo stesso rivisitazione implicita e omaggio dichiarato.
Il punto cardine resta il protagonista, sempre lo stesso Tam, sempre in gran forma, un private eye scalcagnato cui presta istrionicamente le sembianze Aaron Kwok. Stavolta deve aiutare un amico poliziotto a indagare su un omicidio complicato, perché alla prima vittima ne seguono altre ma in apparenza non v’è tra di loro un legame causale, né un nesso logico. Violenza, morte, sangue, senza soluzione di continuità, negli sporchi vicoli di una metropoli lurida, ridondante di nero e di pece, di ombre e di mistero.

Sul confine tra Raymond Chandler e Bangkok Dangerous (1999, di Oxide e Danny Pang), il secondo The Detective ha dalla sua la schiettezza d’intenti. Pochi fronzoli, tutta sostanza, così almeno pare voler dichiarare la regia diretta, coadiuvata da location scabre, colonna sonora ridotta all’osso e una fotografia volutamente sgranata e stradaiola. Un noir crudo, che non teme il confronto con il fuori campo per le scene più dure, né la violenza grafica dettagliata, senza però mai scadere in quel voyeurismo di periferia da CSI – Las Vegas all’orientale.
E così sono ancora una volta i particolare a emergere, a creare quel collante empatico tra trama e spettatore, tra chi sceneggia – e di rimando chi dirige – e chi poi fruisce del prodotto: perché gli sguardi, le piccole sfumature psicologiche e caratteriali, i canoni rimasticati alla buona per stupire con la grezza ovvietà della necessarietà poliziesca, costituiscono il fulcro di una pellicola che pur non lasciando mai a bocca aperta – né critica, né pubblico, almeno così ci s'immagina – ha il pregio però di affabulare e di sollevare dubbi e interrogativi, di stringere legami diretti con i protagonisti al cui fianco ci si schiera volentieri, e non per moralismo, quanto per consegnare alla giustizia un colpevole e un movente che denotino non solo la spettacolarità di una sparatoria o di un inseguimento, bensì la catarsi del finale amaro che sa di riscatto, a tratti personale, spesso addirittura sociale.

Hong Kong, 2011
Regia: Oxide Pang
Soggetto/Sceneggiatura: Oxide Pang, Pang Pak-sing
Cast: Aaron Kwok, Gong Bei-bi, Liu Kai-chi, Jo Kuk, Patrick Tam

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