The Kiss of DeathThe Kiss of Death è uno storico alfiere del sottogenere rape'n'revenge: in tempi di kung fu e ultraviolenza, ma anche di libertinaggio e costumi più ammorbiditi, mette al centro di una brutale violenza carnale la starlette taiwanese Chan Ping. Subìto l'abuso da parte di cinque energumeni e scoperto di aver contratto una letale malattia venerea, la vittima prima conosce il prode Lo Lieh, padrone di un night club presso cui prende servizio, quindi, apprese da lui alcune micidiali tecniche assassine delle arti marziali, inizia la caccia agli stupratori per vendicarsi.
Ho Meng Hua non concede sconti e sin dalle prime battute - il crimine avviene a ridosso degli ispirati titoli di testa - parte con un'impennata cruda e aberrante. Nei movimenti continui della macchina, nelle zoomate, nelle luci psichedeliche e nei rumori, anche di notte, quando la città dovrebbe dormire, si legge l'alienazione del singolo, sopraffatto dalla brutalità del gruppo dagli istinti animaleschi. Ma non solo: The Kiss of Death celebra soprattutto la degenerazione del vizio, dell'opulenza (gran parte del secondo tempo si divide tra lo sfarzoso night club e una casa da gioco clandestina), dell'urbanizzazione (i pericolosi casermoni popolari) che isolano l'individuo e inevitabilmente ne minano le (già poche) sicurezze.
Ho non fa altro che spostare i timori e i torti dei wuxia e dei gongu in chiave moderna, per rendere più realistico e spaventoso un panorama dove la violenza è all'ordine del giorno. Per non esasperare un thriller a tinte forti, di per sé eccessivo, teso, la regia premia lo spettatore in cerca di scorrettezza con corpi nudi e situazioni scabrose. Non solo, e non tanto, la bellezza di Chan Ping, offerta in pasto alla platea con noncuranza (ma la scena del fattaccio, virata in rosso, è un atto di accusa spietato), quanto le sequenza di contorno: due ragazze abbordate, portate a una festa, drogate, ricattate con un video porno e costrette a prostituirsi.
Non mancano gli orpelli kitsch che tanto piacciono agli amanti dell'exploitation di serie B, dal guerriero storpio che se necessario mette da parte il bastone e si batte come un leone alle carte da gioco usate come coltelli, ma sono solo frivolezze di contorno per esaltare il buono stato di forma fisica della protagonista e le elaborate coreografie dei combattimenti. Oltraggioso ma ingenuo, anche banale, a tratti davvero sporco, The Kiss of Death rielabora con personalità l'unico modello di partenza del filone - l'insostenibile L'ultima casa a sinistra di Craven - soffermandosi sugli stessi umori e sottolineandone le medesime pulsioni, precorrendo una strada sex & violence anticipatrice di tanti Cat. III beceri. Non a caso con il truce Her Vengeance, a 15 anni di distanza dall'originale, il veterano Nam Nai Choi ne proporrà un remake ancora più crudo e violento.

Hong Kong, 1973
Regia: Ho Meng Hua
Soggetto / Sceneggiatura: Yau Gong Kin
Cast: Chan Ping, Lo Lieh, Lily Chen, Chan Shen, Fan Mei Sheng

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