The LizardNella zona delle ambasciate si aggira un misterioso ladro che ruba ai ricchi stranieri per dare ai poveri (cinesi). Di lui non si conosce nulla, se non che lascia sempre sul luogo del crimine un ciondolo a forma di lucertola, da cui il soprannome di Lizard che gli viene affibbiato. Ovviamente benvoluto dalla popolazione e odiato dai potenti, sulle sue tracce è sguinzagliata l'intera polizia, sotto il comando del corrotto ma scaltro Chen Can. L'agguerrita nipote di uno dei sottufficiali del distretto, Xiao Ju, è segretamente innamorata del ladro, visto come un eroe da leggenda senza macchia né paura: la ragazza ignora che a vestire i panni del paladino non sia altri che il balbuziente Cheng Long Ge, uno dei galoppini del nonno - ironia della sorte sempre impegnato all'inseguimento... di se stesso! Mentre Chen Can spadroneggia, tra abusi e biechi traffici di schiave, Cheng è ben deciso a tenere alto l'onore del popolo, mettendo in pericolo la sua stessa vita quando punta troppo in alto e ruba un prezioso gioiello alla moglie dell'ambasciatore giapponese.
Il primo nome a venire in mente è naturalmente Robin Hood, ma tolte le immediate parentele The Lizard assomiglia molto più a un avvincente fumetto supereroistico, con tanto di identità segrete da preservare e insani villain sopra le righe. Se l'intreccio si risolve però in una commediola degli equivoci con retrogusto amaro del tutto prevedibile, a fare la differenza sono la caratterizzazione dei personaggi, non approfondita ma a tutto tondo, e la sapienza da narratore smaliziato che mostra Chor Yuen. Simpatico risulta da subito Yueh Hua, sia nei panni del ladro nero vestito (il primo colpo è in una sfarzosa casa occidentale in cui assiste stupito alle effusioni tra una disinibita vamp di mezza età e un focoso inglesotto), sia in quelli dell'ingenuo poliziotto, in cui si barcamena tra espressioni imbarazzate e timide posture remissive (per sviare superiori e conoscenti) Lo Lieh è decisamente a suo agio nel ruolo del burbero persecutore: trucido quanto basta, ha uno sguardo spietato e movenze ombrose da felino in gabbia. Più stentata Connie Chan in quelli della ragazza riottosa: monocorde e insipida, non raggiunge i livelli di inviperito imbronciamento sfoggiati da Lily Li nel di poco successivo The Bastard.
Sferzate politicamente scorrette (si veda il ritratto dato di tutti gli stranieri e buona parte dei potenti), gag irriverenti (uno dei capi della polizia che, prendendosela con Cheng perché non riescono a trovare Lizard, gli dice che se fosse per lui si accorgerebbe subito di trovarsi di fronte al famoso ladro!) e inevitabili cadute di stile nel patetico-populista (Cheng e Ju che camminano per le strade decidendo come distribuire alla povera gente il mal tolto) sono tenute insieme dalle maglie delle arti marziali, ben coreografate da Yuen Cheung Yan, anche se non reiterate all'eccesso come forse pretenderebbero gli appassionati. Verso la metà la pellicola sembra appiattirsi nell'inutile ripetizione del già detto, ma Chor Yuen ne esce bene, aumentando la dose di violenza - tra tentativi di stupro e doppi/tripli giochi che finiscono nel sangue - e serrando le fila della storia, che da sgangherata caccia tra gatto e topo diventa uno spietato duello tra due menti altrettanto vigili, anche se opposte. Certo una sfoltita di una ventina di minuti avrebbe giovato alla tenuta finale, ma tutto sommato ci si può accontentare.

Hong Kong, 1972
Regia: Chor Yuen
Soggetto / Sceneggiatura: Chor Yuen
Cast: Yueh Hua, Lo Lieh, Connie Chan, Yeung Chi Hing, Cheng Kang Yeh

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