The Monkey Goes WestOttemperando ad alcuni passaggi del maestoso capolavoro Il viaggio in Occidente di Wu Chen'g-en, uno dei quattro grandi classici della letteratura popolare cinese, gli Shaw Brothers affidano a Ho Meng Hua il non facile compito di architettare e orchestrare un mondo bizzaro, colorato, sopra le righe. Un universo remoto e parallelo dove uomini, divinità e demoni mostruosi si incontrano e si combattono. E' un panorama dal fascino incontrollato, di grande valore estetico, scenario ideale per il viaggio di un monaco buddhista in cerca delle sacre scritture in India. All'inizio della peregrinazione incontra due preziosi compagni di viaggio: una scimmia irriverente dal carattere difficile, in cerca di redenzione dopo essere stata scacciata dal paradiso per aver combinato troppi guai, e un grasso maiale codardo, dai forti appetiti fisici (sessuali e non), costantemente sbeffeggiato e maltratto dall'odiata scimmia.
Dalla carta (e dalla tradizione più remota) alla pellicola The Monkey Goes West deve forzatamente esagerare, sfruttando i cambi di tono - dalla tragicommedia grottesca all'avventura pura, dal fantasy rocambolesco alla spiritualità del bildungsroman di stampo religioso - e gli effetti speciali visibilmente inadeguati a base di stop-motion, cartapesta e fotomontaggi rudimentali: un'incredibile mistura di fantasia, fascino recondito, ingenuità e spavalderia ai limiti dell'insensato. L'affresco che ne risulta è vivace, credibile finché si appoggia ai duetti/duelli tra i personaggi, tratteggiati nel migliore dei modi, fisicamente adeguati, sempre effervescenti. La favola è fedele alla lettera del testo di partenza, ne adegua quando necessario la magnificenza ai limiti dello schermo (anche se scenari, particolari, make up, costumi e produzione in generale sono di livello medio-alto) e ne riproduce lo spirito giocoso che ha nello stupore continuato il suo principale ingrediente. Spicca nella ciurmaglia di personaggi impossibili il Monkey King, vero mattatore, meteora impazzita perennemente fuori controllo (e non a caso lo stesso ruolo sarà ripreso dopo tanti anni da Stephen Chiau nel doppio A Chinese Odyssey di Jeff Lau), unico leader sanguigno per cui fare il tifo apertamente. Il buon successo di pubblico garantisce tre seguiti, tutti diretti dallo stesso Ho, che approfondiscono l'epopea del gruppetto, Princess Iron Fan, The Cave of Silken Web e The Land of Many Perfumes. Curiosamente il probo e casto monaco, che rifiuta anche solo l'idea di sposarsi o di pensare alle donne, è interpretato da Ho Fan, futuro (prolifico) regista di filmetti soft-core di serie b.

Hong Kong, 1966
Regia: Ho Meng Hua
Soggetto / Sceneggiatura: Ching Gong
Cast: Ho Fan, Yueh Hua, Pang Pang, Fan Mei Sheng, Diana Chang

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