To Be No.1 - ShepherdPrima regola: dimenticarsi o far finta di niente rispetto a tutto quanto può portare alla mente il titolo - vale a dire cercare di non pensare ai fasti del passato, nella fattispecie a To Be Number One di Poon Man-kit (1991), To Be No. 1 di Raymond Lee (1996) o Too Many Ways to Be No.1 di Wai Ka-fai (1997). Per quanto infatti sia prodotto da Nam Yim - sceneggiatore del film di Raymond Lee e di molti altri classici riguardanti triadi ed affini (sia detto con tutto il rispetto necessario, ma ultimamente deve essere alla canna del gas per rivangare con tanta insistenza i suoi successi del passato, si veda i contemporanei Prison on Fire - Plaintive Destiny e Prison on Fire - Life Sentence) - To Be No.1 - Shepherd può essere paragonato niente altro che a una passabile produzione televisiva. Il problema non sta tanto nei mezzi, evidentemente limitati (il film è girato in digitale e vanta attori sconosciuti) - che anzi per quanto possibile il risultato è degno d'attenzione - bensì nel troppo evidente e scoperto intento morale, più adatto ad un target televisivo pomeridiano per redimere i presunti sbandati che all'afflato visivo di un cinema. La pellicola prevede infatti un dramma giovanile con ragazzi di periferia senza speranza e senza futuro miscelarsi con una spruzzata di triadi (con immancabile innesto di droga, alcool e morti), mentre a fare da collante è la visione programmaticamente buonista di una assistente sociale dal passato non troppo limpido. Protagonisti sono due anonimi scavezzacollo, memori delle pettinature alla moda di un Nicolas Tse a caso, che passano il loro tempo a giocare a basket nei pressi del centro di volontariato, ad amoreggiare con una ragazzina fashion-punk dagli evidenti problemi familiari e a cercare di sfuggire dalle influenze del boss locale. Quando però le cose si metteranno male (uno dei due si scontra inavvertitamente con dei ragazzi appartenenti ad una banda, facendo cadere loro una bibita appena riempita con della preziosissima droga, scatenando la prevedibile rappresaglia), interverrà la nuova assistente sociale, una giovane in realtà appena uscita di prigione che ha alle spalle una relazione con un importante mafioso locale. Lei ha deciso di uscirne fuori e farla finita con la violenza, in questo sostenuta dal suo nuovo superiore, inguaribile idealista, ma riuscirà a gestire la situazione frenando i desideri di vendetta (uno dei due ragazzi verrà in seguito assalito a colpi dei soliti, immancabili coltellacci/machete) e assicurando alla giustizia i colpevoli?
Lo stile cerca di stare al passo con la storia raccontata. Vale a dire frequente uso del ralenti, scene sfuocate o velocizzate (per tutte valgano le sequenze sui titoli di testa, con la partita di pallacanestro in puro stile similWong Kar-wai), ma soprattutto l'onnipresente occhio di pesce a deformare le prospettive. Film usa e getta che potrebbe venire incontro soltanto alle esigenze di un fedelissimo in crisi d'astinenza.

Hong Kong, 2001
Regia: Jones Ma
Soggetto / Sceneggiatura: James Lam, Paul Chung
Cast: Felix Wong, Lee San-san, David Lee, Edward Mok, Chan Che Leong

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