Wo HuA cavallo del passaggio di Hong Kong alla Repubblica Popolare Cinese, le triadi colgono l'occasione per accrescere il loro potere, insieme con la loro arroganza. La polizia, messa in un angolo a osservare gli eventi, decide però di reagire e lancia l'operazione Wo Hu. Il piano prevede di infiltrare centinaia di agenti nei gruppi malavitosi e il sovrintendente Wai (Miu Kiu-Wai) viene scelto per coordinare il tutto.

L’obiettivo dichiarato dell’operazione è quello di far collassare i gruppi delle triadi dall’interno, ma qualcosa incomincia ad andare storto quando un agente infiltrato viene scoperto e ucciso dagli affiliati dell’Humanity, un gruppo potente capeggiato dal misterioso Boss Tung (Joe Cheung). Le cose per il sovrintendente Wai si complicano, il malumore e il sospetto serpeggiano nei ranghi dell’Humanity; così, dove prima era un fragile equilibrio, a poco a poco uno sconvolgimento graduale ma continuo prende piede.
Un cielo grigio e una Hong Kong piovosa e oscura, dove le identità di agenti e gangster divengono numeri di un sistema che macina vite, sogni, amori, senza nemmeno la scappatoia di un oblio che nasconda un oscuro passato. Così, le carte mescolate ancora una volta, la partita ricomincia ogni giorno, ed è una sfida tra uomini tutto sommato normali, lontana dalle stilizzazioni del carattere eroe tipiche di molto cinema di genere.
Non è tanto importante il risultato finale, quanto piuttosto lo spirito con cui la gara tra triadi e polizia viene vissuta nei singoli protagonisti, ed è questo che Marco Mak riesce a dipingere bene: un affresco corale, da un punto di vista macroscopico e umanista, sulle dinamiche di una guerra che risulta più grande dell'immaginazione e delle capacità dei singoli attori.
Ispirato a quello che si crede un fatto di cronaca, il film dipana la sua trama senza impegnare furibondi scontri a fuoco e sconvolgimenti interiori degli infiltrati. Delle centinaia di agenti promessi solo un paio compaiono in scena e l'intreccio non gira certo intorno alle loro vite. Mak è più interessato al sottile gioco psicologico che la notizia dell'enorme numero di talpe innesca in un particolare gruppo della triade: l'Humanity. Il gruppo, unito dai quattro luogotenenti del boss, dovrà ingaggiare prima di tutto una lotta contro le tentazioni implosive causate dalla scoperta di undercover e da una nuova sfiducia, per approdare a nuovi assetti ed equilibri, che implicano però sacrifici e attriti.
Il cast stellare regge la trama anche nei momenti di stallo, con il gradito rientro dopo qualche tempo di Miu Kiu-wai e interpretazioni straordinarie di Francis Ng e Jordan Chan, a fianco di un Eric Tsang sui suoi soliti (ottimi) livelli e di un cattivissimo Julian Cheung. L'ex miss Sonija Kwok è una giovane e ingenua vetrinista coinvolta in un'improbabile storia d'amore con il panciuto Jim.
Il regista orchestra molto bene i personaggi in un'atmosfera rilassata, che tuttavia a tratti stempera una tensione che sarebbe d'uopo creare: la fotografia non fallisce il colpo, con semplicità e pulizia; mentre la sceneggiatura lascia a desiderare per coerenza e ritmo. La colonna sonora merita un discorso a parte: mai invadente o preponderante il lavoro di Marco Wen si affianca allo scorrere del film e fluisce placido accanto al suo letto, del quale riesce ad accentuare senza offuscare le scene topiche, tra scrosci di tastiere e pizzichi di corde; forse davvero la parte più compatta e riuscita del film.
Wo Hu non è un film memorabile e non nasconde certo mi suoi difetti, ma ha il grande pregio di affrontare il tema con un'ottica sicuramente non scontata, e di confezionare il prodotto con materiali di buona qualità, e per l'intrattenimento e per qualche accenno di profondità: manca giusto di quel filo di mordente che avrebbe potuto farne un piccolo cult.

Hong Kong, 2006
Regia: Marco Mak, Wang Guang-li
Soggetto / Sceneggiatura: Wong Jing, Gary Tang
Cast: Eric Tsang, Francis Ng, Jordan Chan, Qin Hailu, Miu Kiu-wai

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