WomenL'esordio alla regia di Stanley Kwan scrive già chiaramente le coordinate del suo cinema, perfettamente ancorato alle tradizioni drammatiche cantonesi, eppure sempre febbrilmente alieno, alla costante ricerca di equilibrio tra la messa in scena spoglia e diretta della quotidianità e la minuziosa messa a nudo di particolari che consentano uno scarto rispetto alla superficie. L'oggetto d'analisi non sono semplicemente e solo le donne, come si potrebbe pensare guardando ai suoi film, che hanno bene o male sempre loro come protagoniste, ma anche, di rimando, ciò che emerge dal loro sguardo sugli uomini. Kwan guarda alle donne con una capacità analitica profonda, ritraendole nelle loro molteplici sfaccettature finalmente lontane da sessualizzazioni forzate. Tramite i loro occhi restituisce poi figure di maschi mai così fragili, vulnerabili e umanamente umani, privati del loro ruolo di guida e modello sociale.

Per operare questo doppio salto, Kwan non ha bisogno di statiche teorizzazioni: si muove docilmente entro i confini della commedia romantica briosa, a tratti persino frivola. In questo senso la storia della separazione tra l'affascinante Derek e la taciturna Bo-er, sposati con figlio, a causa dei tradimenti di lui, potrebbe essere quella di decine di altre commedie coeve. E probabilmente in altre mani lo sarebbe stata: Kwan però è più interessato ai personaggi, o meglio, alle persone, piuttosto che ai bisticci amorosi, solitamente trasformati sullo schermo in veicoli per star da imitare o su cui sognare. Il romanticismo nasce prima di tutto dalla costruzione di figure inebriate di vita, di un universo completo e conchiuso in grado di parlare allo spettatore. E' come se, con la macchina da presa sempre attenta ai particolari, Kwan riuscisse a sfondare quell'invisibile velo che separa la storia dal personaggio, facendo sprofondare chi osserva in una sensazione, prima ancora che in un'ambientazione.

Bo-er è una donna decisa, ma spossata, che sa quello che prova ma non può connetterlo a quello che vive. Derek è tanto premuroso con il figlio quanto sempre più indeciso sui suoi sentimenti, diviso tra la realtà coniugale e la passione selvaggia e spensierata di Sha-niu, sua amante. A questo triangolo pulsante si aggiunge un corollario di comprimari che emergono pur senza bisogno di occupare lo schermo, grazie a movenze e gesti capaci di connotarli indelebilmente: basti a conferma la festa con cui le amiche accolgono una Bo-er che ha appena chiesto il divorzio. Brindisi, canzoni, pianti e risa si fondono e confondono nello spazio angusto dell’appartamento, in cui la macchina da presa è molto semplicemente il settimo invitato. Una naturalezza ambientale che racconta senza parole, connotando con lo sguardo.

Dopo la gavetta agli studios Shaw Brothers nel dipartimento sceneggiatura e l’aiuto-regia per i più importanti nomi della new wave (Patrick Tam, Dennis Yu, Ronny Yu e soprattutto Ann Hui), Kwan è in grado di coniugare mercato e ricerca personale con assoluta padronanza. Cora Miao e Chow Yun-fat, di nuovo insieme dopo The Story of Woo Viet (Ann Hui, 1981) e Love in a Fallen City (Ann Hui, 1984), hanno un’alchimia invidiabile. Basta la primissima scena a dimostrarlo. La famiglia ancora integra rientra in casa dopo una scampagnata: tutti corrono per raggiungere il bagno, ma papà e figlio escludono spavaldamente la mamma, perché lei fa pipì in modo diverso. Bo-er si rifugia in camera, in attesa che finiscano di fare il bagno, e prepara diverse ipotesi di abbinamento di biancheria per il marito, disponendole sul letto. Derek entra nella stanza, guarda nel cassetto, lo trova vuoto, è stupito, ma poi vede la biancheria sul letto. I suoi occhi si illuminano in un sorriso, ringrazia Bo-er, che però lo guarda sconsolata: “Voglio il divorzio”, dice semplicemente. Il sorriso dell’uomo si spegne, ma non parla, non chiede perché, il perché lo conosce già. È in questa alternanza di euforia ed epifanie, di frasi apparentemente prive di senso (l’atmosfera prima delle parole di Bo-er era così spensierata, le sue parole sembrano sbucare fuori dal nulla) e di silenzi che svelano quel senso, che si nasconde la magia di Kwan.

Women è film che difficilmente viene preso in considerazione, forse perché opere successive come Rouge (1988) o Center Stage (1992) ne hanno eclissato la notorietà, ma rimane un’indagine leggera, semplice e trasversale sui rapporti di coppia che riconsegnano un’immagine dei sentimenti vibrante, priva di smancerie, ma non per questo meno dolce.



Hong Kong, 1985
Regia: Stanley Kwan
Soggetto/Sceneggiatura: Lai Git, Yau-Daai On-Ping
Cast: Cora Miao (Bo-er), Chow Yun-fat (Derek), Cherie Chung (Sha-niu), Laung Hoi-leung (Dang-Dang), Elaine Kam, Maggie Li, Yam Choi-bo

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