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Yesterday Once MoreMr. Thief e signora discutono sulla spartizione dell'ultimo bottino quando lui decide repentinamente di divorziare. Due anni dopo Mrs. Thief, attirata dai gioielli di famiglia di Ms Allen, è in procinto di sposare Steve e di rubargli la collana, ma ancora una volta l'ex-marito la precede, tornando a coinvolgerla nella propria vita.
La coppia Andy Lau - Sammi Cheng ha coinciso con alcuni dei momenti più felici al box office per la Milkyway, benché non certo tra i più artisticamente rilevanti: Love on a Diet o Needing You, commedie superficialotte e palesemente «alimentari», sono unanimemente considerati i capitoli più deboli del sodalizio tra To e Wai Ka-fai. Yesterday Once More, invece, punta molto più in alto, tanto da rappresentare per Johnnie l'ennesima sfida; questa volta il regista di PTU si confronta con la sophisticated comedy di derivazione occidentale ed esce ancora una volta vincitore dal confronto. Il risultato è un fulgido esempio di globalizzazione presa per il verso giusto, dove a rivivere è la commedia aristocratica della Hollywood classica, dei Lubitsch e Hawks, dei Cary Grant e Katharine Hepburn, ma modellata con un'ottica lontana - spazialmente e temporalmente - da quel mondo. Come a dire che la provincia dell'Impero rielabora le fondamenta stesse che hanno contribuito a rendere grande quell'Impero.
Dove invece Yesterday Once More è un film soltanto made in Hong Kong è nelle improvvise sterzate che To sa imprimere a un canovaccio proprio quando da questo ti attendi l'esito più scontato: e così la commedia si mescola al melò, le risate alle lacrime e il gioco che ha reso grande questo cinema si ripete ancora, per l'ennesima volta. Per tre quarti di film, infatti, assistiamo alle scaramucce tra Andy e Sammi contornate da ambientazioni da cartolina (spicca la pretestuosa e non casuale presenza di Udine, sede del Far East Film Festival) e sembra di rivivere le atmosfere old-fashioned di Caccia al ladro o Il caso Thomas Crown, a base di ladri gentiluomini dall'eleganza impeccabile e dai gusti sopraffini (si veda la spassosa sequenza in enoteca). Ma è il finale, come già in Throw Down, a svoltare bruscamente e a costringere a un ripensamento sull'intero film: si vira verso il tragico, ma soprattutto acquisisce un significato del tutto nuovo il personaggio di Andy Lau, architetto dei sentimenti d'amore e di morte come del furto, ai danni (o in favore) di una Sammi Cheng fino all'ultimo inconsapevole. Un To sempre più «autore» e cinéphile che, dopo l'omaggio a Kurosawa di Throw Down, si rifà qui alla high class comedy, riuscendo comunque a mantenere quell'inconfondibile cifra stilistica che gli permette di giocare con i generi con sublime spregiudicatezza. [Emanuele Sacchi]

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Yesterday Once MoreYesterday Once More
è un ibrido apologetico del cinema di Johnnie To. Una scusa autoriale in pompa magna, raffinata e amalgamata di spiriti e umori diversissimi. Non è un caso che il film, storia di due ladri-amanti che dispettosamente si rincorrono tra Hong Kong e Udine, non abbia riscosso il consenso di pubblico e critica, che del regista conoscevano tutt’altri aspetti. La pellicola infatti ondivaga tra commedia sofistifcata, azione, mélo e dramma strappalacrime, senza scegliere un’unica direzione, poco male, ma senza neanche, purtroppo, infondere un’idea convincente alla base.
La trama è poco più di uno spunto, per giustificare per l’ennesima volta la compresenza come partner della coppia «ammazza-incassi» formata da Sammi Cheng e Andy Lau; che si tratti di un canovaccio costruito a tavolino è ammissione sincera dello stesso To. Il gioco delle parti è molto scoperto, consapevole, ma non ugualmente schietto. La «sciarada» pare più un divertissement tra amici, includendo tra i commensali invitati al banchetto i commilitoni del Far East Film Festival di Udine, ospitati a più riprese a lasciare traccia di un’amicizia, questa sì leale e genuina, che va avanti da quasi due lustri.
A fronte di intenti di autocelebrazione del proprio genio intellettuale, e della volontà di sbancare al box office, To mette in piedi una facciata di tutto rispetto. La regia è voluttuosa, con gli ampi movimenti dei carrelli che avvolgono e coccolano lo spettatore, garantendogli la certezza di uno spettacolo di primissima visione. Gli split screen, la fotografia, il montaggio e anche la colonna sonora discreta forniscono un impatto tecnico-tattico essenziale per comprendere la grandeur e le capacità di un filmaker dal talento potenzialmente illimitato. Peccato che prevalga la retorica degli sguardi, dei sentimenti incollati da una sceneggiatura non sempre padrona delle situazioni, dei colpi di scena refrattari a scoprirsi del tutto. In questo modo il genio dietro a capolavori quali PTU o A Hero Never Dies smarrisce il senso della misura e la sua abituale lucidità. Il ritmo è sufficientemente elevato ma non riesce ad evitare noia e rimpianti. [Matteo Di Giulio]

Hong Kong, 2004
Regia: Johnnie To
Soggetto / Sceneggiatura: The Hermit, Au Kin-yee
Cast: Andy Lau, Sammi Cheng, Carl Ng, Gordon Lam, Jenny Hu

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