Categoria: FILM

Green SnakeTratto da un antico racconto del folklore cinese, nella riscrittura e rielaborazione di Lilian Lee, autrice di romanzi tradotti in film come Addio mia concubina, Rouge e Dumplings, Green Snake racconta la storia di due donne serpente, due spiriti antichi, che si incarnano nei corpi di due splendide fanciulle. Tsui Hark rilegge il mito in chiave dell’eterno confronto tra i sessi, visto dalla parte femminile.
Una sensuale danza indiana con veli, verso l’inizio del film, in cui si inserisce il serpente verde, una magnifica Maggie Cheung, nuda dalla lunghissima e serpentiforme chioma, accompagna un ricco banchetto all’interno di una sorta di baccanale. È un inno alla lussuria, ai piaceri terreni in cui i due spiriti serpenti vengono subito catapultati. E il film abbonda dei simboli femminili per antonomasia, nella cultura orientale, della luna, del fiore di loto e soprattutto dell’acqua.

La luna viene evocata nel “ballo del serpente”, mentre i fiori di loto costellano il laghetto che circonda la casa delle due donne. L’acqua è un elemento ricorrente, il film è una storia scritta sull’acqua. La pioggia incessante, richiamata dalle donne serpente, accompagna il gioco di seduzione nei confronti dello scolaro, creando una situazione di intrigante erotismo con i corpi bagnati, su una barca. E il primo amplesso tra i due è sottolineato da un ribollire di onde schiumose. Le due donne nuotano sinuosamente nei canali del villaggio. La battaglia finale tra la donna serpente e il monaco buddhista è un conflitto tra l’acqua e un drago di fuoco. Solo il monaco è in grado di contrastare, e controllare, la furia degli elementi che possono scatenare le due protagoniste, e dominare l’acqua. Sa dividere le acque a comando, novello Mosè, sa camminare a pelo d’acqua, così come è in grado di correre sull’aria. Ha poi il potere di generare un arcobaleno, fenomeno di rifrazione della luce attraverso gocce d’acqua in sospensione. La lotta del monaco contro la donna serpente è il confronto tra l’ascetismo e la carnalità, con il trionfo della seconda. L’apologo buddhista del racconto originale assume, nella versione di Tsui Hark, la forma di un amor fou, una storia d’amore proibita tra un Romeo, che si piega a una conversione imposta, e una Giulietta serpente. «Cos’è l’amore? Nemmeno gli uomini lo sanno» conclude sconsolata la protagonista. Il loro è un sentimento interrazziale che sfida i dogmi religiosi: è vietato il legame tra un uomo e una donna serpente, considerata con disprezzo, come una creatura maligna.

La demoniaca donna serpente che seduce, avvinghiandolo così tra le sue spire, il malcapitato vagabondo, è un archetipo delle antiche leggende orientali. Il personaggio torna anche nella maliarda Lady Wakasa, spettrale femme fatale de I racconti della luna pallida d’agosto di Mizoguchi - nel testo originale era una donna serpente anche se nel film è stata resa, per ovvi motivi di credibilità, come un semplice fantasma – e con lo stesso risvolto narrativo della dimora spettrale che si dissolve nel nulla, rivelandosi quale un semplice miraggio generato da un incantesimo. Ma Tsui Hark, con spirito laico, rifugge dal tradizionale manicheismo monaci buoni/spiriti serpenti cattivi, arrivando quasi a ribaltarlo.

La nuova trasposizione della leggenda, The Sorcerer and the White Snake (2011) di Ching Siu-Tung, è stata salutata come quella che, grazie alla nuova tecnologia della CGI, riusciva finalmente a renderla nell’oggettivazione fotografica, mostrando tutto quello che prima era tecnicamente impossibile. Non si può tuttavia non rimpiangere la leggiadria e la sensualità, il giocare sull’intravedere e sui simbolismi, sull’alludere invece che sull’esibire, della versione di Tsui Hark, regista che pure, quando ha potuto (Detective Dee), non ha lesinato negli effetti digitali. Vestiti dai lunghi strascichi e capelli lunghissimi a suggerire la natura serpentiforme delle protagoniste, e le ombre sul corpo nudo della donna, che disegnano fasce come fosse avvinghiata tra le spire di un serpente. È il tocco di Tsui Hark, capace di fare di necessità virtù.

 

Hong Kong, 1993
Regia: Tsui Hark.
Soggetto/Sceneggiatura: Tsui Hark (dal racconto di Lillian Lee).
Cast: Maggie Cheung, Joey Wong, Chiu Man-Cheuk, Wu Xing-Guo.
Martial Arts Director: Yuen Bun.