Categoria: FILM

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Piantato sull'altare in diretta Tv dalla sposa, la star del cinema Michael Lau (Louis Koo) crolla nella crisi più profonda e si attacca a una bottiglia, sfuggendo ai paparazzi. Il vagabondaggio lo porta a Shangri-La, un motel sperduto nel fitto della boscaglia, nella regione dello Yunnan, dove vive un curioso gruppo di donne, la cui vita è stata in parte segnata proprio dallo stesso Lau.

Non è una novità che Johnnie To, specie quando in coppia con il fido Wai Ka-fai, si dedichi (anche) a progetti in qualche modo “alimentari”: non ne ha mai fatto mistero. Oggi come ieri To è scisso tra due anime: quella festivaliera e da esportazione, da autore ricercato partito dal cinema di genere per approdare al cinema tout court, e quella locale, legata agli incassi nei momenti caldi – in genere il Capodanno cinese – della stagione cinematografica di Hong Kong e Cina. Questa seconda anima del regista è sostanzialmente dedita a commedie romantiche, con episodici tocchi o varianti di melò.

Pattern un po' schematico, che si avvale di tanto mestiere e formule consolidate (gli scherzi del fato e le serendipity assortite, l'ossessione feticista per oggetti o situazioni che ricordano l'amato/a, la discesa agli inferi dell'uomo rimasto solo e la faticosa ricerca di un accrescimento personale che coincide con il lieto fine), ma che continua a funzionare presso il proprio target di riferimento, pur lasciando perplessi - salvo rare eccezioni - i critici. Romancing in Thin Air rientra pienamente nel canone suddetto e per buona parte regge senza stupire, grazie a un Louis Koo avvezzo a vestire i panni della star in crisi (Throw down) e a una Sammi Cheng (Everlasting Regret) che torna, in splendida forma, in un ruolo che pare tagliato su misura per le sue doti. Una volta esaurite le sorprese di un plot dall'andamento irregolare, comincia a prevalere il tema ricorrente dell'ultimo autoreferenziale Wai Ka-fai (quello di Written by per intenderci), ovvero l'utilizzo del cinema, in chiave dichiaratamente meta-cinematografica, come elemento totalizzante per racchiudere ogni sfumatura dei sentimenti umani, aiutare a comprendere meglio gli eventi e le assurdità degli stessi e infine accettare l'arbitrio di un disegno oscuro come quello del destino. Al punto che il titolo originale cinese include un “2”, come se si trattasse di un sequel, perché ideale continuazione di un film mai girato, che altri non è se non il film nel film che racconta le vite dei personaggi di Koo e Chen.

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Un esercizio intellettuale cervellotico, involuto e spesso farraginoso, che la regia prova invano a rivitalizzare, fino ad arrendersi ai saliscendi sempre più parossistici ed esasperati dello script, allontanandosi da una reale indagine nei sentimenti dei personaggi e sostanzialmente azzerando il pathos narrativo connaturato allo sviluppo delle loro relazioni, sentimentali e non. Un passo indietro ancor più doloroso perché susseguente a un coraggioso scarto stilistico e tematico come quello dell'ultimo Life without a Principle; ma vista la “trasparenza” di Johnnie nel dichiarare la natura artistica o commerciale dei suoi lavori, cercare una soluzione di continuità a volte – e questa è una – si traduce in esercizio superfluo.

 

Hong Kong/Cina, 2012
Regia: Johnnie To.
Soggetto/Sceneggiatura: Wai Ka-fai, Yau Nai-hoi, Au Kin-yee, Ryker Chan.
Cast: Louis Koo, Sammi Cheng, Li Guangjie, Gao Yuanyuan.