Categoria: FILM

Hong Kong Ghost Stories

Nel primo episodio (Classroom), la giovane professoressa Ling è chiamata a ricoprire il suo primo incarico da supplente e come da stereotipo si trova a dover gestire la peggior classe della storia del sistema scolastico hongkonghese. Non parliamo di teppistelli, pallette di carta e saliva sputazzate con la penna bic o aeroplanini di carta che volano in giro per la classe. Sono più criminali in erba che affinano le loro doti da potenziali magnaccia con le compagne di classe. Ling fatica a tenere a bada cotanto consesso di fini sensibilità, senza contare che deve anche guardarsi dalle indesiderate e pressanti attenzioni di un ex fidanzato.

Nel secondo episodio (Travel), una comitiva di quattro chiassose e insopportabili comari partecipa al funerale di Bo, giovane e bella ragazza scomparsa in un tragico e sospetto incidente, che il quartetto aveva conosciuto poco tempo prima durante un viaggio organizzato in Tailandia. In un continuo andirivieni tra passato e presente, i dubbi che circondano la scomparsa di Bo e il ruolo del suo ambiguo amante Ka Ming si ammantano sempre di più di mistero.

Wong Jing è un vero e proprio califfo, esagerato personaggio sui generis che in più di 30 anni di carriera dietro (davanti, sopra, sotto, ai lati de) la macchina da presa non si è mai premurato di nascondere il suo approccio über cormaniano al cinema, catena di montaggio di titoli usa e getta, bancomat aperto 24 ore su 24, 365 giorni all'anno. Wong e la timidezza, d'altronde, non vanno molto d'accordo. Dal 1981 a oggi, con un ruolino di marcia che fa impallidire Stachanov e Takashi Miike, ha diretto 103 film, ne ha prodotti 150, ne ha sceneggiati 163 ed è apparso di fronte alla macchina da presa in un'altra settantina di occasioni.

Roger Corman dopo Corman e più di Corman, fiero del suo cinema fordista e filisteo, pronto a difenderlo con ferocia, prima di Uwe Boll e più di Uwe Boll, dall'assalto snob e passivo aggressivo di una critica che, in preda a bullismo, si inasprisce ogni qualvolta l'oggetto dei suoi strali si picca. Per lunghi anni Wong ha berciato insulti a colleghi troppo raffinati intellettualmente, che pretendono di spiegare al pubblico cosa vuole, e all'odiata categoria dei critici. Ma nonostante le mattane e il protagonismo, nel suo cinema sgrezzato un tanto alla tonnellata, trovano spazio anche alcune perle e titoli che rimarranno nella storia del cinema di Hong Kong. Su tutti God of Gamblers, spaventoso successo commerciale e capostipite di una curiosa genealogia di sequel, reboot, parodie e diramazioni apocrife.

Wong, messo con le spalle al muro da un mercato locale e internazionale sempre più striminzito, rimane stanziale nel suo anacronistico metodo di lavoro da mercato all'ingrosso. Fra i sette film girati negli ultimi due anni c'è anche questo Hong Kong Ghost Stories, girato in coppia con il giovane Patrick Kong (che ha diretto Travel). Un doubleheader dai toni televisivi (e in questo caso non è un complimento) che pencola tra i risaputi e troppo seriosi tentativi da cinema di spavento di Classroom – insipido impasto di temi religiosi, denuncia sociale e horror for dummies in cui Wong dimostra con annoiata grazia di saper piazzare la macchina da presa – e il demenziale, logorroico horror thriller Travel, in cui Kong allunga malamente la broda con espedienti da telenovela brasiliana in attesa di un twist finale gustoso e divertente.

Hong Kong, 2011
Regia: Wong Jing, Patrick Kong.
Sceneggiatura: Wong Jing, Patrick Kong.
Cast: Chrissie Chau, Him Law, Jennifer Tse, Sammy.