Categoria: PROFILI

Jordan ChanIl giovane Jordan Chan è un ballerino apprezzato che diverse star del cantopop (da Alam Tam a Andy Lau) utilizzano per le coreografie dei propri concerti, quando un produttore lo nota e lo spinge a tentare la carriera da solista. Visto il buon successo ottenuto, il passo al cinema è breve e la prima prova è già una consacrazione, dato che per il suo ruolo secondario in Twenty Something il neo-attore si porta a casa ben due premi all'Hong Kong Film Award del 1994 (miglior esordiente e miglior non protagonista). Inizia a presenziare nelle commedie giovanili, per lo più sotto l'egida della U.F.O., sfruttando sfacciataggine e stravaganza dei modi di fare. Il suo è un volto molto caratteristico, che lo porta ad essere solida spalla di attori di maggior rilievo: come nel caso di Anita Yuen, con cui divide molte sequenze di He's a Woman, She's a Man, Whatever You Want..., dove è oggetto di scherno a causa della sua fissazione per il sesso, e Who's the Woman, Who's the Man, in cui ottiene, ben ricompensando chi aveva scommesso su di lui, un ruolo di maggiore spessore.
A sorpresa in Young and Dangerous fa parte della gang di emergenti capeggiata da Ekin Cheng: Chicken è un personaggio ai margini che agisce e si comporta da immaturo, salvo redimersi nel finale e aiutare con tutta la lealtà possibile gli amici in difficoltà. L'ennesima caratterizzazione ai limiti della farsa, un puttaniere feroce quando attacca, Chicken è il più indovinato dei giovani ribelli. Non per niente il secondo e il settimo episodio (Born to Be King) della serie sono totalmente incentrati sulla sua figura. Prima di abbandonare la nave, che sta visibilmente affondando, riesce a ottenere uno spin-off, Those Were the Days, in cui poter gigioneggiare in libertà.
La fama appena raggiunta gli garantisce parallelamente la partecipazione a gran parte delle imitazioni della serie ufficiale: compare in War of the Under World, al fianco di Tony Leung Chiu-wai, giganteggia nella parodia We're No Bad Guys. Ma è nei noir meno derivativi che dà il meglio di sé: lavori non trascurabili come In the Heat of Summer o Big Bullet si pregiano di sue ottime interpretazioni. Nel cinema d'azione, d'altronde, passa gran parte della sua giovinezza, specie in polizieschi pirotecnici a base di coreografie e effetti speciali - Downtown Torpedoes, Skyline Cruisers, Hot War - dove il suo essere al passo coi tempi può tornare utile.
Ormai una star, Chan può vagliare con cura i progetti cui prendere parte, e nonostante qualche caduta di tono (è il caso dell'horror Dial D for Demons, nel quale è privo di controllo e finisce per esagerare) dimostra di avere un ottimo fiuto. Kitchen, tratto da un romanzo di Banana Yoshimoto, è la sua unica incursione nel cinema d'autore: diretto da Yim Ho convince appieno nonostante un'improbabile pettinatura. Di recente flirta con il cinema indipendente di Wilson Yip, che lo mette alla prova contro zombi cannibali in un centro commerciale nell'horror comico, ma non troppo, Bio Zombie. Contemporaneamente trova posto in uno dei migliori noir degli ultimi due anni, quel Comeuppance non privo di difetti, ma sentito e riuscito quanto basta.
Eterno ragazzo dalla recitazione rozza e dalla parlantina spontanea, Chan rimane in ginocchio durante la crisi, costretto ad accettare troppi ruoli non all'altezza della sua bravura. Diventa presenza fissa in prodotti di serie b, spesso diretto da Billy Chung, che ne apprezza la versatilità. Sono pellicole tutto sommato gradevoli ma dai budget prossimi allo zero, dove si presta perlopiù in ruoli da poliziotto - in The Masked Prosecutor è affiancato a Blacky Ko sulle tracce di un assassino di criminali - o da cattivo - The Cheaters, Killer - con cervello e iniziativa.
Il suo senso dell'umorismo è decisamente sottovalutato e solo di recente è riuscito ad emergere del tutto. Anche grazie a Johnnie To e Wai Ka-fai: il suo dottore prima cinico poi stakanovista è l'unica cosa da salvare nel pasticciato Help!!!. E' l'inizio della risalita, culminata con le brillanti prestazioni offerte in The Spy Dad di Wong Jing, in Men Suddenly in Black di Edmond Pang e in Fantasia, dove riprende la maschera tragicomica di Ricky Hui assimilandone la triste ironia.