Categoria: FILM

The Chinese FeastIl giovane Sun, cresciuto nell'ombra del fratello nel mondo delle triadi, vorrebbe cambiare vita, diventare un cuoco e partire per il Canada per ricongiungersi con la fidanzata. Per migliorare la sua scarsa tecnica riesce a farsi assumere in un ristorante dove si innamora della figlia del capo, la ribelle Ka-wai. Il padre di lei, che appena può maltratta il nuovo arrivato, è stato nel frattempo sfidato, senza mezze misure - in palio ci sono ristorante e onore - da un cuoco affermato, Wong, deciso a monopolizzare Hong Kong con la sua cucina. Per competere, occorrerà ritrovare un vecchio cuoco cinese, distrutto da un collasso emotivo ma spalleggiato da un giovane chef deciso a rimetterlo in sesto.
The Chinese Feast è stato l'ultimo grande successo di pubblico di Tsui Hark. Ed è probabilmente uno dei suoi film più fantasiosi e ispirati, tecnicamente all'avanguardia, al pari di Shanghai Blues, Peking Opera Blues e The Blade. La pellicola applica al genere la tradizione cinese e sfrutta ogni possibilità per rendere comica una serie di storie (d'amore) unite insieme. E' il classico caso in cui una trama semplice - ma non povera - brilla quasi solo per la messa in scena, elegante e fiammeggiante. Nel segno del kung food, dove cibo e competizione (marziale) vanno di pari passo. La sfida è in primo luogo per il regista, che deve rendere su schermo le meraviglie della cucina senza essere didascalico. Tsui compie la scelta più azzardata, che alla fine si rivela vincente: ibridare i topoi del classico bildungsroman1 del gongfupian (l'allievo che vuole imparare; il maestro che ha perso la sua arte e la deve recuperare; la sfida tra scuole differenti) e trasporli in chiave moderna.
The Chinese Feast è un gioioso quadro culinario che vive e muore con piatti e manicaretti, con la voce over che spiega, senza pedanteria, alla preparazione di quale prelibatezza si sta assistendo. Il gusto esotico coinvolge direttamente vista e palato, implicitamente l'olfatto e per esplicito rimando i restanti sensi (l'udito tramite l'esibizione stonata di Anita Yuen al karaoke; il tatto nella fuga dello sgusciante pescione2 da cento chilogrammi). Il regista è l'alter ego dello chef: «sensibile e creativo, alla ricerca di nuovi sapori da ingredienti comuni, e deve saper soddisfare i gusti del pubblico»3. La risposta è un uso altamente creativo di carrelli, inquadrature, piani sequenza, abbinati ad un montaggio fulminante e una fotografia dal forte contrasto. Abbondano metafore (la sequenza in cui la scatenata Anita Yuen si immagina donna giapponese), momenti grotteschi (la fuga dal karaoke in moto) e parodie (il negoziato nel ristorante), per una delle esperienze cinematografiche più eccitanti dell'intero decennio.

Hong Kong, 1995
Regia: Tsui Hark
Soggetto / Sceneggiatura: Tsui Hark, Philip Cheng, Ng Man Fai
Cast: Leslie Cheung, Anita Yuen, Kenny Bee, Zhao Wen Zhuo, Law Kar-ying