Categoria: LA COMMEDIA ALL'HONGKONGHESE

Let's Make LaughNel panorama della commedia hongkonghese ci sono registi - di cui giustamente ci siamo occupati a parte con i dovuti spazi - che si sono distinti con le loro opere e autori non meno importanti ma in qualche modo ancora sottovalutati, vuoi per la minore prolificità, vuoi per la specificità dei prodotti - e di conseguenza la scarsa diffusione e la minore comprensibilità degli stessi -, vuoi per la discontinuità del loro percorso artistico. E' poco citato oggi, per esempio, Alfred Cheung, quasi messo in disparte dalla stessa industria immemore dei suoi esordi fulminanti per gli Shaw nei primi anni '80: sembra incredibile che l'autore di Let's Make Laugh, pluripremiato campione di incassi, o del delicato Family Light Affair, sia poco noto alle nuove generazioni... non solo di spettatori, ma anche di attori! Eppure il suo spirito caustico va ricondotto a una precisa vena autoriale: Cheung, anche sceneggiatore, produttore e attore, è un fustigatore della società, un regista che ama mettere alla berlina vizi e costumi hongkonghesi; un retratto, questo, dei suoi trascorsi duri e puri con la prima New Wave (era stretto collaboratore di Ann Hui e Yim Ho). Forse proprio a causa dell'estrema contingenza delle sue pellicole, sempre ricche di messaggi espliciti e tematiche forti, la sua filmografia pare invecchiata peggio di quella di molti colleghi: Her Fatal Ways sintetizza grottescamente le paure dell'handover mettendo a confronto due poliziotti, una mainlander e un hongkonghese molto liberal; Bodyguards of Last Governor spinge sulla satira politica. A Cheung interessa soprattutto la condizione del cittadino medio, l'uomo qualunque alle prese con la vita quotidiana: la parodia - in primis delle istituzioni e della burocrazia - non mette dunque in discussione né ridicolizza i modesti protagonisti, ma l'ambiente che li circonda, una specie di circo itinerante dove matti, furbi, ladri e disadattati si confrontano ogni giorno cercando di prevalere l'uno sull'altro. Grande amico di Cheung e suo stretto collaboratore - i due si affidano volentieri ruoli e parti nelle rispettive regie - è Anthony Chan, che sulla scia del mentore, che lo ha lanciato definitivamente come attore con lo splendido ruolo dell'immigrato clandestino padre di famiglia di Family Light Affair, si focalizza sulla sua stessa lunghezza d'onda. E' fautore anch'egli dunque di una commedia bassa di grande valore sociale, con riferimenti mirati, esplicitamente diretti - ai limiti della farsa di natura sessuale - al substrato proletario/piccolo-borghese e ai suoi sforzi per stare dietro al nuovo boom economico. Con A Fishy Story alza il livello del suo spirito retrodatando a fine anni '60 e circoscrivendo al mondo del cinema una love story romantica e altrimenti prevedibile. Può stupire il fatto che Chan, sgraziato e non particolarmente piacente, abbia cominciato come cantante di successo - nei Wynners capitanati da Alan Tam e Kenny Bee: altro dimenticato eccellente, uno dei volti più amati degli anni '80, anche regista del piacevole 100 Ways to Murder Your Wife -, per poi A Fishy Storyscegliere di ritagliarsi una nicchia da caratterista e piccolo autore (incompreso).
In questo percorso a ritroso, nel tentativo di riscoprire talenti ingiustamente passati nell'oblio o accantonati troppo presto, ci si rende presto conto che a determinare il relativo insuccesso di una carriera è stata l'umiltà - assommata all'intelligenza tattica - di scelte difficili. Lee Lik-chi in coppia con Stephen Chiau ha fatto miracoli, il che può facilmente mettere in ombra il resto della sua carriera solista, non meno preziosa: come Killing Me Tenderly, una curiosa risposta a The Bodyguard from Beijing con Jet Li; Tricky Business, con Anita Yuen; Romantic Dream, prodotto da Cheung Man; o Ten Brothers, scatenato remake di un classico di Ng Wui del 1959. Altro fattore che facilmente determina l'oblio è il passaggio ad un ruolo meno evidente: lo stesso Lee oggi continua a collaborare nelle retrovie con Chiau, come regista esecutivo (di Shaolin Soccer), produttore o sceneggiatore. Stessa sorte toccata a Vincent Kok, che sta uscendo solo ora dall'anonimato dopo il colpo vincente di Marry a Rich Man. Kok è stato - ed è tuttora - parte importante nel processo creativo dei film di Chiau, come sceneggiatore e produttore: dopo l'apprendistato presso Clifton Ko e qualche primo passo, ancora incerto, mosso da solo - il simpatico ma non trascendentale Only Fools Fall in Love; il delizioso Cause We Are So Young - Kok è oggi prolifico regista a tempo pieno, prima punta della Golden Harvest, che ne impiega volentieri il talento anche in operazioni di grosso calibro come Gorgeous, con Jackie Chan, o l'hit di capodanno My Lucky Star. Spesso non è dunque casuale il girovagare tra un mestiere e l'altro di questi piccoli autori prima di attestarsi su una posizione (quasi) definitiva. Hai Chung Man era un apprezzato art director, come Lee Chi-ngai; Aubrey Lam era sceneggiatrice; Lo Kim Wa costumista; Marco Mak (Love Correction) montatore.
James Yuen, oggi regista di primo piano per la Emperor Media Group - i moderni Every Dog Has His Date e Clean My Name, Mr. Coroner!; anche se il suo risultato migliore è ancora il semplice Your Place or Mine! -, era lo sceneggiatore principe della United Filmakers Organization. Le sue commedie, per la verità un po' stereotipate, sono un simbolo dell'aggiornamento pratico del tecnico che sa fare delle scelte logiche coerenti e sviluppare, gradualmente, una sua poetica. Jingle Ma, ex direttore della fotografia, predilige confezioni colorate, accurate, e personaggi facilmente riconoscibili e apprezzabili dal pubblico più giovane. Lo stesso vale per Joe Ma, nato come sceneggiatore Your Place or Mine!e produttore, e per i talenti che ha tenuto a battesimo. Il più interessante tra questi è Matt Chow, da riscoprire anche in vesti di attore, che in piccolo segue le orme di Alfred Cheung esplicitandone le pulsioni senza il timore di sporcarsi le mani giocando con il cattivo gusto: al pur piacevole L...o...v...e... Love fa seguire due film poveri ma sinceri - e tragicomicamente tesi e drammatici - come United We Stand, and Swim e Let's Sing Along. Protagonista di quest'ultimo è Dayo Wong, messosi in proprio con buoni risultati con Fighting to Survive, passato stranamente inosservato anche in una stagione povera di film memorabili. Altri mattatori comici hanno provato a realizzare i propri scopi ludici passando dietro la macchina da presa, senza però risultati degni del loro nome. L'attore Anthony Wong, grande amico di Dayo, prova senza particolare successo atmosfere surreali e comicità grossolana nella sua seconda, e per ora ultima, regia, Top Banana club, divertissement privo di pretese e fin troppo raffazzonato.
Cheung Chi-sing, soprattutto sceneggiatore, porta avanti, con l'esclusione dell'orribile U-Man, un discorso fatto di sensualità, diversità e elucubrazioni sul significato dell'amore e del sesso (il teatrale Love and Sex Among the Ruins è un modello di satira intelligente e equilibrata): se non fosse troppo discontinuo e non preferisse atmosfere rosee e eccessivamente alleggerite, meriterebbe l'importante paragone con referenti affermati come Yonfan o Stanley Kwan. Autore a tutto tondo è Derek Chiu, che passando da un genere all'altro ha messo insieme una filmografia di tutto rispetto. Nella commedia va ricordato soprattutto per i suoi primi corrosivi tentativi: Mr. Sardine è un saggio di bravura del protagonista Dayo Wong; Frugal Game ripesca a piene mani nella pochade degli anni '80; mentre Pink Bomb e Ah Fai, the Dumb sono serie trasposizioni di malesseri generalizzati. In Oh! My Three Guys la farsa acquista spessore tragico e si dissolve in nero; in Love Au Zen il discorso ha implicazioni filosofico-moraleggianti non banali. Chiu sviluppa con grazia un cinema complesso e ricco di sfaccettature, guardando alla cronaca, al sociale e trovando nella contemporaneità e nei suoi disagi il miglior terreno su cui muoversi. Simile per intenti è l'opera di Andy Chin, che guarda dal basso i suoi protagonisti mentre lottano per un posto al sole. In Victory predomina lo sguardo innocente di una squadra femminile di pallavolo, in Why Wild Girls quello maturo e smaliziato di tre amiche a caccia di uomini. Meglio dimenticare How Deep Is Your Love, che ironizza pesantemente sui gay a Hong Kong, scadendo nel razzismo, e ricordare l'ottima coesione di attrici e spirito di Gift from Heaven o il dramma appena accennato di The Lord of Hangzhou. Molto più leggero dei due colleghi è Wellson Chin, che con la serie The Inspector Wears Skirts ridicolizza un genere - le cosiddette donne con pistole - e fa divertire un'intera generazione. Le sue comiche spigliate partono da un presupposto serio e ne scatenano le consequenze in chiave parodica: a suo agio con finti noir e horror scatologici, Chin prosegue senza indugi in un'opera di smitizzazione che, vista al fianco del How Deep Is Your Lovelavoro di registi più impegnati, ne è preciso completamento e al tempo stesso necessaria valvola di sfogo.
Non è pratica desueta da parte di registi particolarmente impegnati e affermati crearsi intorno una sorta di factory di riferimento, con sceneggiatori, registi e tecnici di fiducia, da lanciare dopo un periodo di svezzamento. Abbandonata la Cinema City Raymond Wong si preoccupa di valorizzare i talenti che gli capitano a tiro: ultimo in ordine cronologico è il promettente Chung Shu Kai, tenuto in osservazione con il discreto dittico composto da Perfect Match e Blue Moon - praticamente stesso identico cast e medesime sensazioni -, e poi messo a dura prova al box office con i giovanilisti Nine Girls and a Ghost e Feel 100% 2003. Assurdamente dalla nidiata di protetti di Wong Jing sono usciti molti più prospetti di quanto ci si potesse attendere: talenti discontinui e involgariti ma spesso a voler ben guardare brillanti, come Aman Chang, Dick Cho, Sherman Wong, Bowie Lau o il misterioso sceneggiatore Not a Woman, passato anche alla regia. Billy Chung non è un mogul eppure ha il merito di aver portato alla luce la classe anarcoide e l'originalità esasperata di Edmond Pang, oggi accreditato outsider pronto al definitivo salto di qualità; idem per Takkie Yeung, che nel suo abituale marasma di sotto-prodotti digitali ha scoperto una gemma di prima grandezza come Cheang Pou-soi.