Categoria: INSIDE HONG KONG

The Bride with White HairGeneri sessuali e sessualità sono temi sotterranei ma ben presenti in molte pellicole hongkonghesi. A prescindere dai rigidi schemi eterofili dell'unione tra maschile e femminile, emerge però in forma considerevole rispetto ad altre cinematografie un diverso aspetto, ben più interessante e sfuggente. È quello dell'androgino, dell'ermafrodita, della confusione sessuale, della contaminazione e del continuo rimando - senza contare quello più strettamente omosessuale. Prospettiva principale entro cui si svolge quest'alchimia, perlomeno alle origini, è il wuxiapian o comunque il film in costume; cinema mutante per eccellenza, luogo della mente a-storico dai confini labili e sbiaditi, in cui opera una diversa concezione di spazio (le leggi fisiche continuamente tradite) e di tempo (sbalzi temporali, incroci che infrangono la consecutio temporum - fino a lasciare solo ceneri). Da ultimo, luogo in cui si configurano diverse pulsioni, che raccontano il corpo e le sue metamorfosi in modo non convenzionale. A partire da questi primi tentativi, l'indagine si propaga ad altri generi, dalla commedia al dramma.
Le forme sono le più varie e paradossali. In A Chinese Ghost Story il demone che controlla gli spiriti ha una doppia voce maschile e femminile (ermafrodita), utilizzabile a piacimento. In The Bride with White Hair il cattivo è addirittura una specie di siamese, metà uomo e metà donna. In Fong Sai Yuk la madre di Jet Li, Sibelle Hu, si finge un uomo, conquistando una donna sino a farla innamorare - e continuerà la relazione in un crescendo di delicatezza e reciproca comprensione, senza alcun imbarazzo o condanna morale. In Peking Opera Blues e in Prodigal Son assistiamo a scene in cui uomini si innamorano di attori maschi travestiti da donne, così come in Farewell My Concubine (coproduzione con la Cina) si assiste alla tentativo di un amore omoerotico tra attori. In Swordsman II l'eunuco interpretato da Brigitte Lin ha una carica di ambiguità tale da far innamorare di sé uomini e donne indistintamente. A proposito di eunuchi, Donnie Yen in nel remake di Dragon Gate Inn ne interpreta uno sottilmente ambiguo e asessuato, pelle da bambino e tratti albini, che pare aver ceduto il suo genere in cambio dell'abilità nelle arti marziali. Sempre Brigitte Lin in Ashes of Time interpreta un uomo che può diventare donna, o una donna che si crede uomo, o entrambi (o nessuno?). Fino ad arrivare all'intreccio classico, ripreso in tempi recenti da Tsui Hark per il suo The Lovers, ma ispirato a The Love Eterne e a racconti ancora precedenti: un giovane studente si innamora di un suo compagnoThe Love Eterne, cadendo nel dubbio sulla sua sessualità, ignaro del fatto che il compagno sia in realtà una donna travestitasi per poter frequentare la scuola. Stesso tema affrontato in chiave moderna lo si ritrova in He's a Woman, She's a Man e nel suo seguito Who's the Woman, Who's the Man, dove un'aspirante cantante si finge un uomo per sottoscrivere un contratto, facendo innamorare l'ignaro produttore.
Fattore destabilizzante, ma soprattutto strano, questo continuo travalico e superamento di ogni tentativo definitorio, a maggior ragione considerato il fatto che qualsiasi allontanamento dal canone eterosessuale viene aspramente deriso in più di una pellicola. Esattamente come in molti esempi di cinema occidentale, l'omosessualità - soprattutto maschile, dacché quella femminile è spesso tollerata in nome di paradossali sogni erotici misogini - è sbeffeggiata, sottilmente criticata e rifiutata in toto. Solo di recente il tabù sembra incrinarsi, ma i casi come Happy Together o Lan Yu rimangono ancora isolati e ristretti alle derive più intimiste ed autoriali1.
Com'è possibile conciliare questa doppia visione? Da un lato l'evanescenza, la sperimentazione, il colore di una sessualità che non si lascia schematizzare. Dall'altro la rigidità e la forte polarizzazione di un mondo incanalato sui binari dell'eterosessualità. In questa ennesima contraddizione si nasconde e prospera un tracciato che riconfigura le possibilità del corpo, ne riplasma le geometrie del desiderio, lo liquefa in un fluire impossibile da cristallizzare in forma precostituita.
Sembra allora sorgere una sottile distinzione tra un corpo sensuale e un altro sessuale. Il primo libero di mutare e di sperimentare, il secondo rigidamente raffigurato. È nella dialettica tra questi due modelli che si intravede una possibile soluzione, proprio come dalla dialettica Love Paradoxtra il rigido confucianesimo e il più libero taoismo2 può nascere una diversa visione dell'uomo.

Note:
1. Anche se poi la distinzione sta diventando sempre più sfumata. Si vedano esempi quali Lavender, Love Paradox o X-Mas Rave Fever, dove l'omosessualità - o la bisessualità - è trattata sempre con ironia ma molto più rispetto. Altri tentativi erano già stati fatti, naturalmente - si pensi solo a A Queer Story o Hu-Du-Men di Shu Kei - ma pur significativi risultano poco incisivi nella loro didascalica schematicità.
2. Il discorso è sicuramente più complesso e meriterebbe un approfondimento, anche perché categorizzare tra un confucianesimo "conservatore" e un taoismo "progressista" è troppo semplicistico e non rispettoso delle miriadi di sfumature presenti; la suddivisione vale allora qui come ipotesi iniziale.