James YuenAbbandonata la carriera di sceneggiatore full time in favore di quella di regista a tempo pieno, James Yuen ha saputo ritagliarsi un spazio importante nell'industria, fino a diventare esecutore affidabile con fama d'autore. Al cinema arriva però verso la fine degli anni ottanta come scrittore: City Kids 1989 di Poon Man-kit, la sua prima prova (in collaborazione), è il remake di un vecchio e poco conosciuto film con Bruce Lee, The Orphan, del 1960. Segue un action movie di poco conto, Dragon Fight, con Jet Li, prima della precoce consacrazione. A Moment of Romance di Benny Chan sbanca i botteghini e lancia l'esordiente Wu Chien-lien nell'olimpo dello star system. Lo script colpisce tutti per la sua lucidità nel mescolare il noir formato triadi e il melodramma sfrenato. Un veicolo per uno Stephen Chiau non ancora affermato (Curry and Pepper di Blacky Ko, per cui firmerà anche il sottovalutato e divertente The Days of Being Dumb) e quindi il passaggio alla U.F.O. Qui Yuen debutta con un poliziesco corale, The Tigers, per la regia di Eric Tsang, ma appena può passa alla commedia, il suo vero amore.
Qualche lavoro di routine (True Love di Tam Long Cheong; il leggero Chez n'Ham Story, sempre di Blacky Ko) prima dell'incontro con Peter Chan e Lee Chi-ngai, per i quali scrive cose pregevoli, collezionando nomination agli Hong Kong Film Award e meritandosi le lodi della critica. Tom, Dick and Hairy accosta tre vitelloni alle prese con problemi sentimentali e amicizie da non tradire. He's a Woman, She's a Man e il seguito Who's the Woman, Who's the Man sbancano i botteghini e conquistano tutti i premi possibili. Il target delle sue commedie sembrerebbero dunque le famiglie, ma Yuen sa maturare e rinnovarsi: Twenty Something e Always on My Mind segnano la seconda fase della sua carriera, un approccio più duro e realistico alla vita quotidiana, a base di sesso e dolore. Anche il più lineare In the Heat of Summer mostra la compattezza rigorosa del crime movie meno scontato.
Si avvicina il fatidico 1997 e Yuen opta per il salto di qualità. The Wedding Days fa tesoro di quasi vent'anni di cinema vissuto e lo sintetizza con abilità. E' una commedia corale, romantica, dove le due protagoniste Charlie Yeung e Anita Yuen devono venire a patti con le difficoltà di un rapporto importante a un passo dal matrimonio. L'attenzione formale è aldilà delle aspettative: James guarda contemporaneamente a Peter Chan e a Wong Kar-wai, muovendo molto la macchina da presa e utilizzando inquadrature molto ricercate. Meno studiato ma più personale il successivo Rumble Ages, del 1998, ritratto di una gioventù allo sbando, ma senza esagerare. Tre storie parallele con sei giovani popstar emergenti (Eason Chan, Miriam Yeung, Edmond Leung): colpisce soprattutto la sicurezza con cui il regista dirige gli attori e li indirizza verso i lidi desiderati, anche se i paragoni con Nomad sono poco giustificati, se non dal titolo cinese. Sulla stessa lunghezza d'onda è il piacevole Your Place or Mine!, ancora una commedia romantica, ancora con Tony Leung Chiu-wai, che qui duetta con il compagno di scorribande Alex Fong. I soliti problemi amorosi e le incertezze dell'uomo sulla soglia della maturità (la crisi dell'ultra-trentenne che desidera maggiori certezze): vista la leggerezza e una recitazione all'altezza (nel cast anche Suki Kwan, Spencer Lam e Vivian Hsu) si perdona anche qualche caduta nella retorica in alcuni discorsi.
Caratteristica principale del suo lavoro da regista (che non esclude comunque quello di sceneggiatore, visto che Yuen continua a scrivere, per sé e per altri: ne sono un ottimo esempio il noir The Blood Rules e il dramma Lost in Time) è l'attenzione ai dialoghi; le sue commedie sono soprattutto parlate, con poca azione e molta introspezione. Spiazza un po' quindi il cambio di rotta con Red Rain, hard boiled con poliziotti corrotti, e Clean My Name, Mr. Coroner!, un po' noir un po' commedia. In quest'ultimo il regista ha a propria disposizione uno dei migliori attori del momento, Francis Ng, cui concede alcune battute divertenti, ma tutto il resto, intreccio giallo compreso, è misteriosamente piatto, prevedibilmente già visto. Molto meglio allora My Loving Trouble 7, che prende lo spunto dell'azione per costruire una parodia degli spy movies. Il protagonista Patrick Tam dà il meglio di sé nel ruolo di un regista pubblicitario che per amore si improvvisa spia; e in generale tutti i dettagli sembrano ben studiati: non siamo ancora ai livelli del capolavoro From Beijing with Love di Stephen Chiau e Lee Lik-chi, ma ci andiamo vicini. La differenza è un umorismo meno scanzonato, quasi contenuto, che esplode improvvisamente nel grottesco e nella bêtise, ma senza la benché minima volgarità.
Le ultime fatiche di Yuen, Every Dog Has His Date e il sorprendente My Wife Is 18, sono ancora commedie romantice. Nel primo lo spunto di partenza (un cane si reincarna nel corpo di un playboy e cerca di sedurre la vecchia padrona, di cui è innamorato) è più interessante dello svolgimento; viceversa, nel secondo è lo svolgimento che appassiona più di un soggetto stereotipato (sembra infatti il remake del classico Shaw The Merry Wife, con Charlene Choi al posto di Li Ching). Costretto tra grossi budget e produzioni le cui aspettative non sono da poco, il regista pare aver perso un po' del suo smalto. Il suo lavoro rimane tecnicamente adeguato e sempre professionale, ma mancano i guizzi che l'assenza di denaro rendeva necessari. Ormai però Yuen lavora con le grosse case di produzione (la Emperor Multimedia Group in primis) e se necessario deve adattarsi a storie meno intriganti in nome del preventivo d'incasso.

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