Bio-CopsSimbolo assieme a pochi altri (su tutti Marco Mak e Billy Tang) del ritorno del cinema-medio a livelli accettabili dopo anni di crisi nera, Steve Cheng nei suoi film ha sempre dimostrato una pesante indecisione (alla lunga controproducente) tra un'autorialità di basso profilo e il riciclo di vecchi topoi di genere - che si trattasse di horror o di polizieschi; non è così difficile classificarlo come buon artigiano dalle potenzialità mal sfruttate.
L'inizio è patrocinato da Nam Yin, che gli fa dirigere una delle tre storie di Troublesome Night. Il successo è garantito, ma per i successivi episodi il produttore preferisce affidarsi in toto all'esperienza decennale di Herman Yau. Cheng Wai-man è così costretto a trovarsi una strada propria. Ci prova nel 1998 con Rape Trap, thriller incolore e di routine, in cui ha però modo di mettere in pratica - nella parte iniziale - un riuscito gioco di flashback e flashforward ad incastri. Sono però i due anni successivi a vederlo più consistentemente all'opera.
Esclusi Violent Cop - noiosissimo e a tratti esasperante poliziesco (la cui unica ragione d'esistere è un Anthony Wong più anarchico, se possibile, del solito) - ed Evil Fade, horror infantile e scontato (c'è di nuovo un Anthony Wong a briglia sciolta), le sue altre pellicole riescono sempre a salvarsi dal piattume circostante; certo, nessun capolavoro accreditato nel curriculum, ma, sparsi nelle pellicole, diversi indizi promettenti che purtroppo non riescono mai ad esprimersi appieno. Young Ones è un ammonimento alle giovani generazioni sui facili miraggi di una vita da rascal perdigiorno nelle triadi: moralista, ma con personaggi ben costruiti e una sottile ironia di fondo. Horoscope 1: The Voice from Hell è una ghost story essenziale, ma con rare impennate di originalità, inquadrature schizzate e un finale onirico a salvarlo dal già-detto (il seguito, Horoscope II: The Woman from Hell, è sì più compatto, ma meno innovativo). Bio-Cops, seguito/remake del geniale Bio Zombie di Wilson Yip, viene spesso deriso come ibrido mal riuscito di horror e commedia, ma rivela sotto una storia strampalata e dichiaratamente fracassona da b-movie una serrata sceneggiatura circolare e conchiusa, spunti comici divertiti e un sapiente uso di set claustrofobici. Stesso crescendo opprimente presenta Erotic Nightmare, che pur partendo come filmetto erotico sugli istinti più primordiali (Anthony Wong sogna svestite e disponibili ninfette-liceali), si trasforma in una sanguigna lotta onirica per la sopravvivenza. Per finire, quello che forse è il piatto migliore. The Rules of the Game, non a caso sceneggiato da Nam Yin, è un ritorno al noir dei tempi d'oro; un gruppo di amici entra in conflitto con un boss delle triadi a causa di una ragazza. Un cast affiatato (Louis Koo, Alex Fong, Kristy Yeung, Simon Loui e Sam Lee), atmosfere cupe che nulla concedono all'ironia e un finale elegiaco completano l'opera.

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