Come Drink with MeCome Drink with Me, seconda regia (escludendo le collaborazioni) di King Hu, è una pellicola importante, se non fondamentale. Anche al di là del grandissimo successo riscosso ai botteghini, rimane uno dei momenti più alti del wuxiapian classico. La storia: Jade Faced Tiger, pericoloso capo di una banda di criminali, rapisce il figlio del governatore per usarlo come merce di scambio e liberare il proprio leader. Ma il governo invia Golden Swallow, abile spadaccina1 nonché sorella del prigioniero, per risolvere la questione. Nel momento più difficile l'eroina troverà l'insperato aiuto di un misterioso mendicante.
Il doppio troncone in cui è suddivisa la stora è narrativamente ben congegnato. Il soggetto è semplice, ed è la regia a fare la differenza2: fortemente debitore dei jidai-geki e dei ken-geki giapponesi e conscio della lezione di Chang Cheh, King Hu intreccia una fitta trama di orpelli. Carrelli, piani-sequenza, montaggio molto veloce, effetti speciali, violenza dettagliata, la macchina da presa che prende vita e dà velocità a scene altrimenti statiche. Uno stile ricco e estremamente raffinato, che fa della narrazione frammentata (l'uso continuo del fuoricampo e delle estremità dell'inquadratura) e della brevità dell'azione (i duelli composti da piani fissi che durano solo pochi secondi) le sue caratteristiche portanti. «King Hu suggerisce, più che mostrare»3.
In tutto questo emerge chiaramente l'influenza dell'opera pechinese, con le coreografie4 dei duelli dirette come balletti, costruiti su movimenti rallentati ma precisi, insistenti e circolari, basati tanto sull'attacco che sull'attesa: un contrasto emotivo che alza ritmo e tensione. L'uso mirabile degli spazi è di concezione teatrale - i luoghi chiusi eletti a tempio dei combattimenti -, con diversi livelli su cui far muovere i contendenti. La struttura tipo è quella dell'uno (o dei pochi) contro tutti: in una locanda l'eroina5 è accerchiata dagli avversari che sfruttano, per ripararsi e per attaccarla, tavoli, sedie e qualsiasi altro elemento architettonico possa risultare utile allo scopo.
La musica è più che un sottofondo, e riesce, con il suo tappeto ritmico basato soprattutto sulle percussioni tradizionali, a scandire i momenti chiave e a sottolinearne l'intensità. I personaggi entrano in scena avvolti da un manto sonoro che li caratterizza e li rende sovrastanti, in grado di dominare la scena. Il gusto per il macabro, mai fine a se stesso e spesso solo intuìto - e forse per questo ancora più estremo -, trova la sua sublimazione nei duelli cruenti (una ferita mortale spruzza un fiotto di sangue sul volto del vincitore) e in particolari di rara ferocia (un bambino colpito da un dardo avvelenato e un istante dopo giustiziato senza pietà). Non mancano dissacrazione e ironia, decisivi in vista del finale, ovviamente senza concessioni. Hu ricorre spesso a un piccolo espediente: gonfiare le situazioni sino al limite della sopportazione e poi sminuirle subito, senza farle giungere all'esasperazione totale che significherebbe la fine del gioco.

Note:
1. In realtà fino a metà film l'eroina non svela il suo sesso e agli occhi degli altri è un guerriero.
2. King Hu era quasi maniacale nella preparazione dei suoi film e si preoccupava di ogni possibile dettaglio. Era scrupolosissimo per quanto riguardava i costumi e i particolari e fu il primo regista cinese ad adottare lo storyboard.
3. Alberto Pezzotta - Tutto il cinema di Hong Kong - Baldini & Castoldi, 1999
4. Autore delle coreografie è Han Ying Chieh, grande martial arts director, famoso ai più per il suo ruolo di antagonista di Bruce Lee in The Big Boss
5. Non per niente Chang Pei Pei, la futura regina del wuxiapian qui al suo debutto cinematografico, è stata, prima di diventare attrice, un'apprezzata danzatrice.

Hong Kong, 1966
Regia: King Hu
Soggetto / Sceneggiatura: King Hu, Yi Cheng
Cast: Cheng Pei Pei, Yueh Hua, Chen Hung Lieh, Yeung Chi Hing, Simon Yuen