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Una decina di anni dopo la perla uscita al tramonto del cinema di kung fu ipercinetico dei '90, Drunken Master II, Lau Kar-leung interrompe il silenzio registico con Drunken Monkey, ennesimo tassello di una carriera dalle radici legate alla rappresentazione stilistica del kung fu “dell’ubriaco”, da The Spiritual Boxer, a Mad Monkey Kung Fu, al succitato Drunken Master II.

Ambientata nella Cina degli anni ’30, la storia raccontata è quella di Man Bill, un maestro dello stile della Scimmia (Lau Kar-leung stesso), spedizioniere e scorta armata, che, dopo il tradimento del fratello assetato di denaro e di oppio, finisce a trascorrere la vecchiaia in esilio, a dimenticarsi di e farsi dimenticare da i suoi nemici; quando però la sua strada incrocia quella dei due giovani (tra cui un quasi imberbe Wu Jing), che vogliono imparare lo stile della Scimmia, Man Bill non potrà più sottrarsi al destino.

Drunken Monkey è in tutto e per tutto un film che fa della nostalgia per la vecchia scuola, quella delle arti marziali classiche dei '70 e '80, un fattore determinante, sia dal punto di vista dello stile coreografico (scambi netti, regia d’azione accondiscendente e pacata), che stilistico (galoppate a cavallo, atmosfere un po’ western, storia di vendetta e apprendimento), che estetico (persino i volti son quelli d’un tempo, Gordon Liu e Lau Kar-wing), ma non riesce a tradursi in nuova tendenza, o almeno in pietra miliare (come successe con Drunken Master II). Non ci riesce, probabilmente, a causa di una regia che dimentica il fattore cinematografico a favore di quello teorico-marziale, come successo per l'esordio da regista di Xu Haofeng (The Sword Identity), scrittore di arti marziali, filosofo dello stile e sceneggiatore di The Grandmaster. Perché l’idea iperuranica di ricercare in un passato filmico più compassato e puro una radice - da cui far germogliare nuova linfa per il cinema di arti marziali - riesca ad attecchire sullo schermo, si dovrà aspettare che a dirigere la baracca ci sia qualcuno dotato di ampia visione e polso tecnico, più che un idealista/teorico: per Xu è Wong Kar-wai, per Lau sarà Tsui Hark, che con Seven Swords, lascerà al nostro grande vecchio la parte del coreografo marziale, tenendo su di sé gli oneri e gli onori della regia. Più che Drunken Monkey è allora Seven Swords il testamento in arti marziali cinematografiche del maestro, arresosi nel 2013 alla malattia, lasciando tracce indelebili nel cinema e negli appassionati. Un saluto di pace e di rispetto, la mano che copre l’altra chiusa a pugno, glielo dobbiamo.

Hong Kong, 2003
Regia: Lau Kar-leung.
Sceneggiatura: Keith Lee.
Action Director: Lau Kar-leung, Lau Kar-wing.
Cast: Lau Kar-leung, Jacky Wu Jing, Gordon Liu, Chi Kuan-chun, Lau Wing-kin.