Red RainUna prova importante per James Yuen, sceneggiatore di successo e regista ancora in cerca di una propria dimensione. Dopo essersi ben comportato nel campo della commedia romantica, decide di tentare la carta della pellicola d'azione con Red Rain. Due ispettori arrivano a Taiwan da Hong Kong, nell'isola hanno come riferimento un ex poliziotto che gli fa da autista. Lo scopo dei due è recuperare trenta milioni di dollari di Hong Kong rubati da un magazzino della polizia dal funzionario addetto alla conservazione delle prove: i soldi servono per incastrare un trafficante d'armi e ci sono solo due giorni per riportare il maltolto indietro prima che il processo sia archiviato. La figlia del ladro vive a Taiwan e tramite lei i poliziotti potrebbero arrivare al padre, anche lui giunto sull'isola; ma sulle tracce della ragazza ci sono anche le triadi taiwanesi, ingolosite dal denaro e dalla possibilità di poter aiutare il potente boss ad essere rilasciato.
Cresciuto a pane e sorrisi, James Yuen decide di improntare Red Rain all'insegna dell'umorismo, senza oltrepassare il limite che porta alla black comedy. Tale scelta comporta una precisa divisione tra le sequenze d'azione, veloci e violente, e i raccordi statici, di approfondimento dei personaggi. La cui caratterizzazione è la prima preoccupazione del regista, che crea una moltitudine di comprimari per dare colore alle scene. Yuen agisce sui contrasti, creando macchiette e contrapponendole ai protagonisti, monolitici e irreprensibili: un mafioso grasso, un omosessuale proprietario di un night, una ragazza bella ma oca, un commissario che sembra una mezza calzetta, dei killer troppo attenti al loro aspetto fisico. I rallentamenti non inficiano la validità delle sequenze d'azione, girate con stile, anzi finiscono per ampliarne la portata. Vedere personaggi grotteschi che sparano e uccidono al primo intoppo è un problema di immagine, non di contenuto: ci si abitua presto al sangue e agli omicidi (e l'epilogo è un ironico tributo all'heroic bloodshed wooiano). Lo stesso contrasto vive nella contrapposizione scenografica: il confronto tra Hong Kong, superiore, e Taiwan1, sorta di provincia dell'impero, è sempre a favore della prima, motivo in più per cui il ribaltamento di ruoli finale è una grossa sorpresa.
La continua alternanza di registri - e alcune cadute di tono piuttosto evidenti, dove la presunta satira stona -, con un unico colpo di scena, prevedibile ma ben giocato, confondono troppo le acque, soprattutto in considerazione delle indecisioni della sceneggiatura. Solitamente nei film di Yuen conta più lo script che lo stile, impercettibile. In questo caso per mettere in luce la sua personalità il regista rinuncia alla solidità narrativa: invertendo i fattori il risultato varia e non convince del tutto. Le idee ci sono, le scene spettacolari e gli attori in parte pure, manca principalmente il collante spirituale che ne permetta l'unione.

Note:
1. Non a caso, per esigenze di produzione, buona parte del cast - tra cui le stelle locali Chan Yiu-fu e Lee Ting Yee - è composto da attori taiwanesi.

Hong Kong, 1999
Regia: James Yuen
Soggetto / Sceneggiatura: James Yuen
Cast: Chan Yiu-fu, Alex Fong, Jack Kao, Convoy Chan, Lee Ting Yee