Hard BoiledIl principio è il tutto. Il mio primo approccio con il cinema di Hong Kong è stato con Hard Boiled di John Woo. Qual è il fattore distintivo dell'opera? Le pistole. Quali le scene che ricordo oggi con maggiore piacere? Quelle non d'azione. Non a caso il logo di questa rubrica riprende, con un decoupage minimo, una delle scene migliori del film. L'ispettore Tequila (Chow Yun Fat) legge il giornale e beve acqua e bicarbonato, quando vede passare una ragazza che sta recapitando un mazzo di fiori si insospettisce e segue la donna, che consegna il presente a una collega. Lei (Teresa Mo), visibilmente compiaciuta, si accorge degli impettiti sguardi furtivi di Tequila, che si aggira torvo nei pressi del suo ufficio, brucia tre bacchette d'incenso e aspetta con ansia e rabbia soffocata a fatica il momento in cui la donna esce dall'ufficio e lo chiama. I due guardano il biglietto, su cui è scritta una frase romantica, e iniziano a modulare insieme la canzone da cui è tratta.

In realtà le apparenze ingannano e il gioco prevede strani contrasti: sia contenutistici che extra-cinematografici. Il regalo è un pretesto: è inviato da un agente sotto copertura e il messaggio è in codice, per far sapere ai poliziotti le mosse della gang in cui è infiltrato. Ma l'ironia è duplice: perché Tequila, che ride e canta con trasporto, è un poliziotto alla Callahan, violento, e solo pochi minuti prima ha sterminato senza pietà i criminali cui dava la caccia. Non a caso il personaggio ha le fattezze familiari di Chow Yun Fat, attore feticcio di Woo, interprete dalla doppia anima, comico gigione nei primi anni '80 e killer inarrestabile nella seconda metà del decennio. In misura minore lo stesso espediente riguarda Teresa Mo, attrice simpatica per una volta misurata in un ruolo serio. Passato il primo stupore per l'apice pirotecnico raggiunto da coreografie e sparatorie, a memoria di anni (e di film: per capire certe cose mi ci sarebbero volute ulteriori visioni), sono le scene meno movimentate a rimanere maggiormente impresse: Tony Leung Chiu-wai - che qui curiosamente assomiglia, forse solo per la pettinatura, a Jet Li -, che fa gli origami in barca; il folgorante incipit con Chow Yun Fat che beve il cocktail e attacca a suonare il clarinetto; John Woo barista che consiglia l'amico sul da farsi. E' un esempio palese, per chiunque, della profondità e della personalità del cinema di Hong Kong.
Subito dopo è stato il turno dei due A Better Tomorrow, entrambi meno monolitici, ancora più altalenanti - tra mélo, umorismo, azione e dramma -, specifici, disinvolti, umorali; infine The Killer, perfetto per un neofita in cerca di stile e classicismo. A seguire una lunga pausa: in italiano si trovava molto poco, la scintilla scoccata non aveva abbastanza legna da ardere per scatenare un fuoco duraturo. Ci sarebbe voluto qualche anno di attesa e un film non irresistibile, The Occupant, ancora con Chow Yun Fat. Ci si attendeva tutt'altro, un horror duro, magari violento e oscuro, meglio se splatter e sanguinolento; e invece è un ibrido curioso, un mix di tensione e grottesco, di situazioni ai limiti dell'assurdo e spettri tipicamente cinesi. Il primo impatto non è stato dei migliori, e il film non è invecchiato particolarmente bene: troppo rancido, troppo sopra le righe, troppo cantonese, insomma. Ma talvolta bastano piccoli dettagli - Chow che si fa chiamare Valentino Cappuccino e ancor di più il folle personaggio interpretato da Raymond Wong (ma avrei capito solo molto tempo dopo chi era e cosa rappresentava all'interno della Cinema City) - o un volto riconoscibile che fa scattare il classico déjà-vu (riferito a Sally Yeh, di The Killer, dallo sguardo magnetico).
Di rimando ho rivisto quello che molti definiscono il capolavoro di Woo - ma continuo a preferirgli
Bullet in the Head, nonostante il finale imperfetto - e biasimato per la seconda volta l'orribile look, un gessato molto pacchiano, di Danny Lee, attore statico ma stranamente funzionale. Ritrovato in Organized Crime & Triad Bureau, consigliatomi caldamente - e a buona ragione -, e mancato di poco in Prison on Fire, dove avrebbe dovuto avere il ruolo di Chow Yun Fat (sempre lui!). Assaggiata la sacra triade del noir - Woo, Kirk Wong e Ringo Lam - ero pronto per altro. Ormai convinto della bontà del cinema orientale, e preventivamente munito di libri, riviste e consigli, mi convinco della necessità di approfondire la materia. Padrone di un inglese zoppicante - ma più che sufficiente per gli altrettanto rozzi sottotitoli di vhs, video-cd e dvd -, faccio un altro tentativo con una pellicola uscita in Italia, ossia Chungking Express. Fine del colpo di fulmine, inizio del vero grande amore. Il fatto che questo sito ne porti il nome, nella sua variante nostrana, non può che deporre a favore del film di Wong Kar-wai. E ancora oggi rimpiango di non aver mai visto il film in originale, ma solo doppiato.

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