Once Upon a RainbowAnno di grazia 1982. La New Wave ha già fatto i suoi danni ed è ancora tempo di televisione. Dalla fucina della TVB approdano al cinema tanti nuovi talenti, alcuni dei quali dalla vita (e dalla fama) breve.

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Grazie all'esperimento Once Upon a Rainbow, che del periodo è una sorta di manifesto programmatico visto che raccoglie in un colpo solo tanti studenti della scuola di cinema interna dell'emittente, si fa strada gente del calibro di Andy Lau, Hai Chung Man, Ching Siu-tung e Wong Kar-wai. Paradossalmente qui ricoprono ruoli secondari, mentre il palcoscenico è riservato ad attori cui il futuro non riserverà altrettanta gloria.
Ripercorrerne il primo vero exploit su grande schermo attraverso lo spleen drammatico del cantopop di Annabel Lau, anche lei tra i protagonisti della pellicola, è allora un doveroso omaggio: le note dolenti ricalcano a meraviglia lo spirito mélo di un piccolo gioiello, la cui delicata dolcezza emozionale è da rivalutare. Tutto in tono minore eppure sempre estremamente coinvolgente, segno che talvolta - per fortuna - non comanda solo il padron dollaro e anche i fatidici quindici minuti di notorietà possono essere sufficienti per lasciare un segno nel cuore.

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